Un fratello e una sorella sulla soglia della cinquantina. Ma Alice odia Louis da oltre vent’anni e non lo ha mai più visto. Anche quando Louis per caso si è imbattuto nella sorella per strada, lei non l’ha salutato ed è fuggita. Ma fratello e sorella sono destinati a reincontrarsi quando i loro genitori avranno un incidente automobilistico.
Eccolo un altro habitué del festival: Desplechin è alla sua settima presenza in competizione per la palma d’oro, con altre sparse partecipazioni alle sezioni collaterali, dal Certain Regard al fuori concorso. Eppure ne è uscito puntualmente a mani vuote (nonostante sia uno dei massimi autori francesi, in carriera vanta solo un César come miglior regista per uno dei suoi titoli meno noti, il meraviglioso I miei giorni più belli). Con questo film torna alla familiare Roubaix vista stavolta «più come un luogo mentale che geografico».
Un fratello poeta (Melvil Poupaud, a Cannes anche con il nuovo film di Mia Hansen-Løve, Le père de mes enfants, alla Quinzaine) e una sorella attrice (Marion Cottilard) che si odiano da anni – che non si parlano e si evitano come la peste – sono costretti a riavvicinarsi quando i genitori subiscono un incidente stradale. Desplechin torna al family drama di Racconto di Natale, ma al netto della commedia e delle sottotrame, lo concentra sull’enigma dell’inestricabile livore tra parenti (lì erano madre e figlio e, come in questo caso, si chiamavano Vuillard). Se la linea narrativa, essenziale e marcata, viene esasperata con un furore letterario tale da renderla surreale, i conflitti sono giocati con enfasi teatrale, mentre le evoluzioni dell’intreccio si nutrono di spudorati riferimenti cinematografici (tanti, inutile enumerarli): a sostegno uno score di classicità hollywoodiana.
È il solito, splendente concentrato di arti e autobiografismo trasfigurato a cui Desplechin ci ha abituato, in cui lo straziante racconto in primo piano si inscrive in un mondo narrativo più ampio tutto da intuire che, presupponendo e implicando i precedenti dell’autore, riesce comunque a prescinderne.
Critica francese in visibilio, molto tiepida quella italiana, destino inevitabile per un cinema colto e stratificato, impermeabile al compromesso.