
Jeune et jolie di François Ozon (Concorso)
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Un Ozon lieve come spuma di mare si prende gioco, per interposta persona (con le sembianze follemente seducenti di Marine Vacth), di tanto cinema francese morbosamente indagatore del fenomeno “studentesse escort”: la sua bocca di rosa lo fa per passione. Proprio come lui.
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Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza (Semaine de la Critique)
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Palmi d’oro 1: Il finale più bello del festival è una fuga da fermi, mano nella mano, verso un orizzonte visto per la prima volta.
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Le passé di Asghar Farhadi (Concorso)
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Palmi d’oro 2: Farhadi costruisce un teorema melodrammatico sull’impossibilità di arrivare alla verità. Dialoghi serrati, poi, alla fine, a parlare sono solo due mani: un’inquadratura lunga quanto il dubbio._x000D__x000D_The Bling Ring di Sofia Coppola (Un Certain Regard)
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Dalle vergini suicide alle zoccole cleptomani il cinema di Sofia Coppola continua a esplorare il vuoto come categoria esistenziale. Ma questa volta si permette di giudicare le sue viziatissime marieantoniette dall’alto di un’ironia cinica che fa più paura del vuoto stesso. Autrice persa nella traduzione di se stessa, da qualche parte.
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Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini (Fuori concorso)
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This was in Texas 1. Così spiazzante che pare uscito da un altro pianeta, dove il confine tra documentario e racconto perde ogni importanza. Il cuore rurale dell’America, dove si prega prima di cavalcare i tori al rodeo, batte nel petto di Sara (che interpreta Sara) e di Colby (che interpreta Colby), il mistero della fede è sospeso come vapore acqueo sulla terra madida di lavoro. Un titolo che pare una poesia, invece è vita, o forse il contrario.
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Ain’t Them Bodies Saints di David Lowery (Semaine de la Critique)
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This was in Texas 2. Rifare Dominik che rifà Malick: l’opera prima di David Lowery non brilla per originalità, ma i corpi di Casey Affleck e Rooney Mara, quelli sì sono santi.
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L’inconnu du lac di Alain Guiraudie (Un certain regard)
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Un oscuro scrutare ad altezza di scroto: thriller nudista esilarante, un Hitchcock con derive soft porno girato in pochi metri quadri e molti centimetri di pelle.
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Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen (Concorso)
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C’è un gatto nel cervello di Llewyn Davis: si chiama Ulisse e percorre un labirinto mentale senza sbocco che, come una canzone folk, continua a ripetere lo stesso ritornello. I Coen raccontano, con affetto inedito, la vita piccolissima e rotta come un disco di un serious man che al posto della fede ha la chitarra.
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Seduced and Abandoned di James Toback (Fuori concorso)
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Alec Baldwin gigioneggia nel ruolo in cui eccelle: se stesso. A braccetto di Toback si aggira a tempo di Sostakovic nel grande valzer di Cannes, in cerca di finanziatori per l’improbabilissimo Ultimo tango a Tikrit. Sulla giostra salgono, con aneddoti fulminanti, giovincelli come Bertolucci, Polanski e Scorsese: tutti con un’energia da far vergognare le nuove leve. Il quadro dell’industria cinematografica che ne emerge è a tratti sconfortante, ma il divertimento è impagabile.