CARTOLINA DA CANNES (20 MAGGIO)

Mentre sul red carpet si dibatte di tacchi 12 e ballerine bandite, mentre a una conferenza stampa su due si riesumano frasi fatte sulla parità (di salario, di opportunità, di ruoli) fra uomini e donne nel cinema, mentre le uniche due registe in Concorso (le enfant, prodige o terrible?, Donzelli e Maiwenn) prendono fischi e fiaschi, tutto il Festival è attraversato da uno sguardo femminile che reinventa il mondo (talvolta letteralmente: si veda il divertissement di Jaco Van Dormael Le tout nouveau testament), ne rimodella la visione, ne dischiude o approfondisce il mistero. Dall’amore saffico di Todd Haynes che infrange le leggi sociali, al Nanni Moretti con alter ego al femminile; dalla meravigliosa protagonista di Apichatpong Weerasethakul, che sogna un sogno senza fine, alla coriacea donna SWAT di Sicario, che discende agli inferi del cartello della droga messicano. Fino all’abbagliante parata felliniana che invade gli occhi di Harvey Keitel, in Youth: dozzine di donne fuggite dallo schermo, fantasmi a forma di cinema.
Carol di Todd Haynes (Concorso)
_x000D_Cate Blanchett e Rooney Mara, lontane dal paradiso, se ne infischiano e ne creano uno a loro immagine e somiglianza: Haynes riscrive il mélo con la filologia di fotografia, sigarette, trucco e parrucco, bellezza stordente in ogni angolo di inquadratura, in ogni nota di soundtrack. Ma, come in un sequel di Mildred Pierce, sulla via di un’emancipazione fuori dalle norme sociali opprimenti, vi appone il rivoluzionario happy ending della sovversiva Patricia Highsmith del 1952: un mondo nuovo e queer, dove due donne seguono la propria natura, un paradiso contro.
_x000D_VOTO: 7
Mon Roi di Maiwenn (Concorso)
_x000D_Rivestitosi di panni contemporanei dopo Il racconto dei racconti, Vincent Cassel è ancora Re, ancora tiranno in preda alle sue voglie: gratta alla porta di Emmanuelle Bercot come un orco innamorato, succhia il suo amore, nutre il suo ego. Fra isterie mucciniane e una cornice narrativa di metafore smaccate, l’opera quarta di Maiwenn si fa piccola piccola come una soap, favola nera sull’amore che consuma l’anima dove il punto di vista femminile si riassume nell’assunto che gli uomini sono canaglie, ma, pensa un po’, sempre adorabili. Zoppo, come la sua protagonista.
_x000D_VOTO: 4.5
Allende, Mi Abuelo Allende di Marcia Tambutti Allende (Quinzaine de realisateurs)
_x000D_Ossessionata dall’assenza, più acuta presenza, del nonno Salvador detto il Chicho dagli album di famiglia e dalle conversazioni del parentado, la regista scoperchia tutti i vasi di Pandora, punzecchia cugini, zie e l’anziana Tencha (la consorte di Allende, scomparsa durante la lavorazione del film), li costringe a riesumare ricordi e fotografie, e a guardare, ancora e ancora, il volto del Presidente, del Padre, del Nonno. Documentario intimissimo quanto esile, che tenta di strappare un uomo al peso della Storia per restituirlo, anche egoisticamente, alla sua famiglia.
_x000D_VOTO: 6
Cemetery of Splendour di Apichatpong Weerasethakul (Un certain regard)
_x000D_Un’infermiera inferma in una selva oscura di flebo e di neon, un ospedale militare costruito sopra i resti di antichi re; soldati feriti che riposano sopra altri soldati uccisi, come in un plastico di carne umana della storia thailandese. Al contempo nel ruolo di Dante e di Virgilio, la protagonista Je guida e si lascia guidare da un soldato affetto da sonno invincibile. Dee “dalla pelle bellissima”, sensitive che offrono il proprio corpo a spiriti del presente e del passato, sono le donne le portatrici di senso in uno scenario di smarrimento e precarietà, all’indomani dell’ennesimo colpo di stato di una nazione dalla democrazia impossibile. I soldati dormono, pronti a svegliarsi e prendere il potere; Je sogna il loro sonno, da sveglia, in un film dalla grazia imponderabile.
_x000D_VOTO: 8.5
Le tout nouveau testament di Jaco Van Dormael (Quinzaine de realisateurs)
_x000D_E se Dio fosse uno di noi? Se avesse la faccia di Benoit Poelvoorde, un pessimo umore e una figlia minore intenzionata a scappare di casa? Il geniale soggetto del film flirta dapprima con un’apocalisse parcellizzata e singolare (il computer di Dio, hackerato, invia a ogni essere umano la sua esatta data di morte, scatenando il panico e la voglia di vivere), poi si dipana in un’avventura zuccherina e jeunetiana, con la piccola protagonista, sulla scia del fratello maggiore, intenta a reclutare sei nuovi apostoli per riscrivere il Nuovo testamento. E per lasciare finalmente campo libero alla moglie di Dio, la Dea (Yolande Moreau), che ricama il Nuovo mondo con spirito pragmatico e tappezzeria floreale.
_x000D_VOTO: 6
Sicario di Denis Villeneuve (Concorso)
_x000D_Il canadese Villeneuve scivola da un confine all’altro degli Stati Uniti, su una frontiera, quella incandescente col Messico, tanto sfumata e porosa quanto sono ambigui e inafferrabili gli uomini che vi operano. Un’agente FBI decisa a stare dalla parte del Bene, scopre che quella parte non si capisce dove sia; forse proprio non esiste. Emily Blunt, ogni nervo scoperto sullo schermo, scende nel tunnel del cartello come un’Alice al contrario, nel paese della realtà. Un’opera densa e tesissima, un western ribaltato dove la fanciulla non è salvata ma pestata a sangue, la cavalleria non arriva mai e i cowboy sono più spietati degli indiani. Cinema di genere che pianta le unghie nell’America di oggi.
_x000D_VOTO: 8
Inside Out di Pete Docter (Fuori concorso)
_x000D_Alla ricerca di Nemo, ma non nell’oceano, bensì nel cervello di un’undicenne, nel meccanismo della memoria e della formazione della personalità, nei meandri del subconscio. Una formidabile, stupefacente rappresentazione visiva della psiche, un manuale di psicologia formato caramella, che sviluppa alcune geniali intuizioni di Ratatouille per scavare in quel momento cruciale che alla Pixar raccontano da sempre (dalla saga di Toy Story, e prima ancora, dal pionieristico corto Tin Toy): quello in cui la magia dell’infanzia deve cedere il passo alla consapevolezza di sé.
_x000D_VOTO: 8