
SIERANEVADA
Christi PuiuDal (presunto?) boom del cinema rumeno sono passati ormai dieci anni: Cristian Mungiu vinse la sua palma d’oro nel 2007, due anni dopo che Cristi Puiu, sempre qui sulla Croisette, si impose all’attenzione della cinefilia internazionale con il suo La morte del signor Lazarescu. La presenza di entrambi nel concorso di questa edizione suggerisce che qualcosa sia rimasto anche dopo l’inevitabile e fisiologica risacca. È assai indicativo, in questa chiave, paragonare questo nuovo Sieranevada all’exploit di Puiu del 2005. Se quest’ultimo si fregiava di una perfetta integrazione tra un testo ultrascritto e una regia ultracontrollata, nella sua nuova fatica queste due dimensioni mancano la reciproca sintesi: è come se l’una e l’altra fluttuassero ognuna per conto proprio, rinunciando al contatto.
_x000D_Una pecca? Non proprio. Non se si tiene conto della radicale diversità del progetto in questione. Protagonista di Sieranevada è un ex dottore (oggi venditore di apparecchiature mediche) di mezz’età, sposato a una poco sopportabile maniaca del controllo e quindi vagamente passivo, spento, opaco, stanco, ma dotato di robuste dosi di buon senso e disillusa saggezza quotidiana. La quasi totalità del film ha luogo dentro un unico appartamento, teatro di una riunione famigliare allargata di cui all’inizio stentiamo a capire ragioni e propositi. Man mano che le informazioni ci vengono distillate letteralmente con il contagocce, capiamo che si tratta di una veglia funebre per il padre morto, che non si vede mai. E man mano che storie e personaggi intorno a lui si delineano, il protagonista stesso si trova costretto a rinunciare alla posizione di distaccata, sorniona invisibilità in cui egli ama raggomitolarsi.
_x000D_È questa posizione (quella di un sociopatico troppo intelligente per non essere capace di nasconderlo benissimo) che mima la regia: frequentemente, la cinepresa si piazza in un punto fisso e panoramica a destra a sinistra per seguire svogliatamente, come sbadigliando da un’inerte posizione di indifferenza (e non senza cadere in qualche plateale svarione di montaggio…), la molteplicità di percorsi e direzioni che i personaggi intrecciano incrociandosi. Il più delle volte, lo fa da un corridoio, dal quale rimira il quieto caos di porte che si aprono e chiudono, di gente che entra e esce per fare cose di cui senza dubbio ci disinteresseremo appena davanti agli occhi ci se ne pareranno altre.
_x000D_Con lo srotolarsi della frastagliatissima narrazione, l’opaco protagonista finisce infine per rivelarsi. Ma cosa rivela? Null’altro che la propria opacità – la quale semplicemente da implicita (e allusa soprattutto dallo stile) passa ad esplicita, e viene con questo sigillata quale tragicamente invalicabile. Il protagonista è un “né… né”: né un fedifrago che la fa franca con la complicità di una moglie omertosa, né un fedifrago la cui infedeltà fa esplodere il caos famigliare (e del resto, il furbissimo gioco col fuoricampo che Puiu ingaggia di continuo nelle sue immagini, si lascia tranquillamente definire come: né in campo, né in fuoricampo). Sta a mezz’aria, sospeso, imprigionato nella propria opacità. Due, le consolazioni che gli permettono nonostante tutto di tirare avanti. Una è la risata ironica, dall’effetto temporaneo ma sempre a portata di mano. L’altra è avere ragione quando l’immancabile parente complottista si arrampica sugli specchi, agganciando insieme 11 settembre, Charlie Hebdo e chi più ne ha più ne metta, avventurandosi nella faticosa ricostruzione di una totalità. Al centro della totalità, al netto di qualsiasi ricostruzione, non può esserci che il vuoto. E il protagonista, questo vuoto lo è.
_x000D_È dunque giusto che la regia di Puiu, nel tentativo di tenere insieme i numerosi fili del racconto, non solo accetti di sfilacciarsi copiosamente, ma anche indulga in uno zelo coreografico a grosso rischio di essere fine a se stesso, e di sganciarsi dalla narrazione. Come in uno Jancso paradossalmente senza più illusioni politiche (ma il film che davvero viene alla mente è, assai inaspettatamente, Segreti e bugie di Mike Leigh), a dovere essere mostrato non è un meccanismo perfetto, ma il vuoto al centro del meccanismo. _x000D_
_x000D_Voto: 7.5