CARTOLINA DA CANNES (10/05/2018) – Il film di Savona alla Quinzaine

Aperta dal film Pájaros de Verano (Birds of Passage – Uccelli di passaggio), il film di Ciro Guerra (El abrazo de la serpiente) e Cristina Gallego che racconta per capitoli l’ascesa e caduta di un boss della droga nella Colombia degli anni 60, la Quinzaine des Réalisateurs ha ospitato uno dei titoli italiani attesi sulla Croisette, La strada dei Samouni di Stefano Savona.
Se la piccola Amal non sa raccontare una storia, come confida in camera all’inizio del film, può ricostruirla attraverso il disegno: è così che si delinea la tragica vicenda della sua famiglia, nella periferia rurale di Gaza City, decimata nel 2009 dagli israeliani durante l’operazione Piombo Fuso. Nel tempo presente i Samouni festeggiano un matrimonio, primo evento lieto dalla fine della guerra: lo sguardo odierno è rivolto a quello che resta, ai membri superstiti di questa famiglia di contadini, al tentativo faticoso di ricominciare, di ricostruire sulle macerie e riprendere quelle coltivazioni che le bombe hanno distrutto. La loro vicenda trascorsa rivive invece nei disegni di Simone Massi, che reinterpretano, in un miscuglio denso di immaginazione e realismo, le figure infantili tracciate dalla bambina. Così il film ricostruisce poeticamente il passato, il tempo perduto, sia nella rievocazione di un’epoca felice (gli ulivi che vengono piantati, lo slancio fiducioso verso l’avvenire), sia di quella mortifera delle bombe. Nato come un reportage, il film ha assunto una fisionomia diversa proprio nel difficoltoso rapportarsi al racconto della tragedia: felicissima si rivela allora la fusione dei due registri, come il documentario va a legarsi al frammento d’epoca ridisegnato. Come i due livelli, quello del presente e quello del flashback, si richiamano per associazioni visive, di concetto, di luogo.
La strada dei Samouni è il frutto di un lavoro complesso per la cui conclusione sono stati necessari anni: Simone Massi realizza ogni singola tavola a mano, con pastelli a olio stesi su carta e poi graffiati con puntesecche (per un secondo di animazione occorrono almeno otto disegni).
Nelle note di regia Stefano Savona spiega la sua scelta:
«A Gaza, all’indomani della guerra, ho incontrato delle persone che mi hanno raccontato con calma straordinaria gli eventi drammatici a cui erano appena sopravvissuti. Ho capito che per rendere loro giustizia, non potevo fermarmi alla constatazione della tragedia: la famiglia Samouni meritava che raccontassi la loro storia per intero, facendo rivivere sullo schermo anche il loro passato. Attraverso le immagini d’animazione, ho potuto ricreare i momenti chiave della loro storia: il cinema va oltre la cronaca e permette allo spettatore di avvicinarsi in maniera più intima e profonda al vissuto dei protagonisti».