Cartolina con Palma

Per chi scrive, il verdetto di questa sessantaseiesima edizione del festival di Cannes, cosí come l'ondata di entusiasmo generale scatenata dal film di Kechiche, è francamente incomprensibile. La vie d'Adèle è un film tutt'altro che privo di meriti, ma essi rimangono in fin dei conti decisamente sproporzionati rispetto al prestigio del premio tributatogli. Non si capisce davvero in cosa esso si eleverebbe da una rispettabilissima (e a tratti indubbiamente illuminata) medietà – senza contare che il contesto di provenienza di un'opera del genere (il cinema francese) da molti decenni ha fornito innumerevoli ritratti adolescenziali di ben altro spessore.
_x000D_Un premio “riparatore” per un ottimo regista che viene da (almeno) tre ottimi lungometraggi che Cannes non ha voluto/potuto (a seconda dei casi) ospitare? No, premi del genere si danno più tardi, come quello del miglior attore a un anziano Bruce Dern non particolarmente memorabile in questo suo nuovo Nebraska. Quanto a quello a Bérénice Béjo, è uno dei non pochi segnali che fanno pensare all'aggressività della presenza francese al festival (sette film prodotti in Francia in concorso, più due coproduzioni consistentemente tricolori), al chiudersi, da parte di quell'industria, nel proprio fortino spacciandolo per un rilancio (della serie: la miglior difesa è l'attacco).
Ancora più incomprensibile il Gran Premio ai Coen, con la loro inerte e risaputa parabola sul solito loser/schlemiel (Inside Llewyn Davis, che potrebbe anche chiamarsi The Man Who Wasn't Bob Dylan). I due fratelli, in questa edizione, ci piace ricordarli soprattutto come spettatori attenti, appassionati e ammirati (si sono complimentati col regista, al termine) durante le 4 ore e 10 del magnifico Norte di Lav Diaz, punta dell'iceberg della sezione Un certain regard, vinta da L'image manquante di Rithy Pahn, pregevole riflessione sugli eccidi in Cambogia durante il regime di Pol Pot. Non la sua opera migliore tuttavia; Pahn aveva già provato in svariate occasioni (S21, 2003, su tutti) di saper affrontare più convincentemente la rappresentabilità di eventi troppo estremi per essere rappresentabili.
_x000D_Unici due raggi di sole i premi agli stupendi film di Jia Zhang-Ke e Hirokazu Koreeda. Ma anche lí: fa sorridere che Touch of Sin sia stato premiato per la sceneggiatura: non che la pellicola in questione non riposi su una costruzione magistrale, ma tutto sommato la sceneggiatura è lontana dall'essere l'aspetto principale del suo valore. Quanto a Like Father, Like Son, è il primo passo verso una consacrazione che Koreeda merita da anni (e dal 2004 mancava dalla competizione principale di un festival maggiore – senza peraltro mai aver smesso di firmare film rimarchevoli da allora). Gli americani, intanto, ne hanno già acquistato i diritti per un remake.