TRAMA
Un proprietario terriero australiano assolda un tiratore scelto della California per proteggere i suoi terreni. Quigley si ribellerà e porterà a termine la vendetta contro il cattivo padrone.
RECENSIONI
La trama dice tutto sul film. Nessun colpo di genio da parte dello sceneggiatore nè del regista, opera seconda questa dopo l'interessante D.A.R.Y.L.: si punta all'intrattenimento semplice, senza fronzoli - ovvio, qualche facile moralismo c'è - ma il tutto costruito con semplicità ed una certa cura artigianale apprezzabile. Il progetto del film era destinato, pensa un po', a Steve McQueen ma Tom Selleck, finalmente, trova le corde giuste e scivola nel ruolo con buona dose di ironia come cowboy spaesato nell'outland australiano, a contatto con una natura velata di mistica e magia che lo rigenera e conduce all'inevitabile e -purtroppo- mai consunto finale-resa dei conti esplosivo truculento.
Da prendere alla leggera come prodotto "medio" ma capace di assicurare una certa dose di divertimento, soprattutto nella parte iniziale (con la prova di abilità di Quigley), ha bisogno di altrettanta pazienza per lo scontato finale con la sconfitta del cattivissimo sadico Alan Rickman, caricaturale all'eccesso.

Non male l’idea di (ri)trasportare il genere western in Australia, sostituendo gli indiani con gli aborigeni: il soggetto, in realtà, risale agli anni settanta, e al posto del simpatico Tom Selleck (in una delle poche pellicole cinematografiche che ne hanno valorizzato il carisma) doveva esserci Steve McQueen. Simon Wincer, esperto di film d’avventura con buoni sentimenti, al suo sesto film per il cinema, dimostra tutto il suo mestiere: buon senso iconografico, abilità nell’emozionare, creatività nelle situazioni e nel modo di filmarle. Gli viene incontro anche la sceneggiatura di John Hill, che offre spunti profondi e curiosità. I difetti maggiori della pellicola albergano nei toni leggeri (amati dal regista), che non guastano ma, al contempo, rammentano la superficialità da mero intrattenimento dell’operazione, svelandone le direttrici semplicistiche (sotto sotto, anche il leit-motiv del racconto non fa che riproporre la minestra “buoni selvaggi contro cattivi latifondisti” del Far West). Fra qualche impercettibile deficienza, piace comunque il modo in cui è confezionato e il fatto che, per quanto solo accennate, abbia anche un po’ di pretese più “impegnate”.
