Recensione, Supereroi

CAPTAIN MARVEL

TRAMA

Ad Hala, capitale dell’impero Kree, Vers fa parte della Starforce, una potente squadra di nobili guerrieri capitanati dal suo mentore e comandante Yon-Rogg. Vers non ricorda nulla del suo passato, ma come gli rammenta la Suprema Intelligenza, leader dei Kree, loro l’hanno dotata di incredibili poteri e per questo deve servire il suo popolo. Durante una missione della Starforce, alla quale partecipano anche Korath e Minn-Erva, vengono attaccati da degli Skrull, alieni mutaforma in perenne guerra coi Kree, che rapiscono Vers. Quest’ultima viene sottoposta da Talos a un interrogatorio mentale, nel tentativo di localizzare un motore a velocità della luce nascosto su un pianeta, di vitale importanza per gli Skrull. Oltre a questo viene rivelato parte del passato di Vers, la quale si sveglia e, dopo una battaglia, precipita nel pianeta dove è presente il motore che cercano gli Skrull: la Terra, nel 1995. (Da Wikipedia)

RECENSIONI

Ormai la Marvel può permettersi anche di girare un film interlocutorio, di passaggio. A un mese dall’uscita di Endgame, quindi, ecco nelle sale Captain Marvel, a introdurre quello che sarà, probabilmente, un personaggio chiave del nuovo Avengers: supereroina potentissima che potrebbe togliere le castagne dal fuoco. Se c’è una cosa che va riconosciuta, alla Marvel, è quella di riuscire a modulare i suoi prodotti, a esplicitarne quella collocazione di mercato che finisce per delinearne la personalità. Che Infinity War fosse il film-evento, Guardiani della Galassia quello comico, Deadpool quello meta-scorretto, Ant-Man quello piccolo, Black Panther quello politico e Captain Marvel quello minore - perché di raccordo -, era/è chiaro fin dai primissimi minuti.

Atmosfere vagamente vintage, poca azione, effettistica ai limiti del povero, ritmo lento e narrazione tutta dedicata al personaggio, senza troppe parentesi o deviazioni. Origin Story (femminile/femminista) in tutto e per tutto, quindi, senza altri fronzoli, vivacizzata dall’ambientazione anni ‘90, ormai sostituitisi agli ‘80 nell’immaginario nostalgico collettivo, e solcata dal solito humour marveliano che qui vede protagonista, soprattutto, il gatto Goose, al centro di gag vagamente debitrici della saga di Men In Black. Unico tratto, forse, interessante – ma non nuovo – che pone il film in continuità politica con Black Panther, è il trattamento riservato agli Skrull che nel film, tra(sgre)dendo i fumetti, vengono umanizzati e (molto) smussati nelle loro asperità malvagie. L’intento, evidente, è quello di renderli emblemi di immigrati/perseguitati in cerca di un luogo dove vivere (il “messaggio” anti-Trump, tra l’altro, arriverà ancora più diretto, perché inatteso, a chi conosce i fumetti).
La cosa strana, che può essere vista come un limite e insieme un punto di forza, è che a passare in secondo piano sia, come dire, il valore intrinseco del film. L’importante, insomma, è che sia stato aggiunto un nuovo tassello alla cosmologia Marvel, che ora siamo pronti per Endgame, e che nel frattempo abbiamo avuto anche modo di sbirciare nel passato di un altro personaggio chiave come Nick Fury. E pazienza se, alla fine, Captain Marvel sia un film un po’ sfilacciato, decisamente lento e noioso nella prima parte, svogliato da un punto di vista strettamente spettacolare, con un’attrice protagonista spaesata e priva di carisma e sostanzialmente incompleto, in molte accezioni del termine.