
TRAMA
Shane Brown (Vincent Gallo), ricercatore di una grande compagnia farmaceutica americana, sfrutta il viaggio di nozze a Parigi con la coniuge June (Tricia Vessey) per rintracciare il dottor Léo Sémeneau (Alex Descas), brillante neuroscienziato ripudiato dalla comunità scientifica a causa delle sue ricerche sugli effetti di alcune piante amazzoniche sui disturbi della libido. I due si erano incontrati precedentemente in Guyana dove Shane, mosso dall’interesse per gli studi di Sémeneau, aveva raggiunto la sua equipe e conosciuto sua moglie Coré (Béatrice Dalle), di cui si era immediatamente invaghito. Nel frattempo qualcosa è cambiato: Léo è scomparso nel nulla, Coré si è ammalata di una malattia divorante e Shane soffre di cruente allucinazioni.
RECENSIONI
Horror estetizzante? Film d'autore sporcato con la truculenza del genere? Indagine filmica sull'incontrollabilità della libido? Variazione sul tema della voracità sessuale? Trouble Every Day, tradotto in italiano con un titolo da trisomici conclamati, è tutto questo e forse qualcosa di più, a patto di entrare nelle pieghe dello stile adottato da Claire Denis per mettere in scena questo incubo a occhi aperti che si nutre indistintamente di sostanze vegetali (gli estratti delle piante amazzoniche) e carnali (il corpo come protesi pulsionale). Già, perché la pellicola della cineasta parigina (classe 1948) si spinge molto al di là della semplice rappresentazione di un disturbo della sfera libidinale che degenera in antropofagia: diversamente da quanto l'ingiurioso titolo italiano lascia credere, Trouble Every Day non si esaurisce affatto nella morbosità tutta epidermica del cannibalismo erotico, ma si interroga a fondo sulla natura stessa della visione, su come questa possa assorbire in sé la materia rappresentata. Fagocitarla.
Interamente giocata sugli irreversibili processi neurologici attivati dai farmaci vegetali, la vicenda di Coré e Shane (i due soli individui che si indovina averli sperimentati personalmente) si sviluppa secondo un sinuoso movimento avvolgente: il lento e progressivo diramarsi della narrazione (il primo adescamento di Coré ai danni di un ignaro camionista, l'arrivo a Parigi dei coniugi Brown) si attorciglia inesorabilmente al troncone principale della storia (la scoperta di Sémeneau), stringendolo da ambo i lati, quello sentimentale e quello professionale. Vittime parzialmente inconsapevoli della spregiudicatezza scientifica di Léo, Coré e Shane vivono nel loro cervello e sulla loro pelle la trasformazione scatenata dall'assunzione delle sostanze estratte dalle piante amazzoniche: la prima ad uno stadio così avanzato da costringere il marito a tenerla in casa a porte inchiodate, il secondo cercando di controllare la pressione della libido a colpi di sedativi (il che lo riduce in uno stato prossimo alla catatonia).
Tuttavia Claire Denis non si limita a coltivare esclusivamente il parallelismo tra ramificazione tematica e conformazione narrativa, spingendosi molto più a fondo e pensando cinematograficamente la materia in ogni sua dimensione. Emblematico il trattamento riservato al personaggio interpretato da Béatrice Dalle: Coré è rappresentata come una pianta carnivora che spalanca le sue invitanti foglie per attrarre la preda e intrappolarla micidialmente. L'intuizione risulta di una forza sconvolgente poiché realizzata senza calcare la mano e senza sottolineature didascaliche: totalmente muta, la tecnica di attrazione della donna è interamente a carico degli stimoli visivi, olfattivi e tattili, sprigionando un'intensità fredda che si discosta sia dalla seduzione umana che dal magnetismo animale. Puro meccanismo vegetale (e non è certamente casuale che la Denis ambienti le prime "catture" di Coré in mezzo all'erba o la inquadri spesso con arbusti in primo piano: il suo elemento naturale è la vegetazione, anche se ridotta a campi spelacchiati o a qualche ramoscello bruciato dal gelo invernale).
Lo stesso vale per Shane, i cui tratti umani si diradano gradualmente (parla sempre meno, si trova sempre più a disagio negli ambienti fortemente antropizzati), sviluppando pratiche di corteggiamento analogamente basate sul tatto e l'olfatto (si veda la sequenza nella quale si avvicina a una donna di mezza età sul metrò aderendo alla sua schiena e annusandole i capelli) e finendo per cercare un po' di sollievo sulle rive della Senna (dove può percepire la presenza dell'acqua). Non è tutto: se l'attribuzione di proprietà vegetali attraversa i corpi e i comportamenti di Coré e Shane, la raffigurazione complessiva della città è caratterizzata da un'affine torsione trasfigurante. Parigi non è presentata nei suoi scorci romantici del centro né nei suoi agglomerati di cemento della banlieue (pur comparendo nel film gli uni e gli altri), ma è filtrata da uno sguardo che la "riterritorializza" in foresta vivente, solcata dalle acque gorgoglianti del fiume e striata da una graffiante trama di alberi e fogliame che la punteggiano ostinatamente.
E per finire è la macchina da presa ad assimilare i valori vegetali disseminati nel film e ad avvitarsi in inesorabili movimenti rampicanti: attirato a sé il giovane ladruncolo Erwan (Nicolas Duvauchelle) con un'esibizione di sensualità da mozzare il fiato, Coré lo fa sdraiare sul letto e inizia a carezzarlo. Qui, in quella che è senza dubbio alcuno la sequenza più prodigiosa di Trouble Every Day, la cinepresa scivola sul braccio nudo del giovane, indugia sulla parte alta del suo petto, si attorciglia attorno al capezzolo e segue la linea mediana del ventre per fermarsi all'ombelico, in un movimento che è al tempo stesso esaltazione della carne, incorporazione visiva intrisa di erotismo e pregustazione del pasto da assaporare voluttuosamente. Commento musicale delicatamente ipnotico dei Tindersticks. Presentato nella sezione Fuori concorso al Festival di Cannes del 2001 tra gli sberleffi della critica. Magnifico.
