- Manuel Martín Cuenca
- 61068
TRAMA
Lo schivo e taciturno Carlos è un sarto di Granada che conduce una vita appartata. Nessuno sospetta che sia in realtà un cannibale spietato, un solitario che cerca la compagnia di donne dell’Est Europa per ucciderle, farle a pezzi, nasconderne le carni nel frigorifero e poi mangiarle. Quando alla sua porta bussa Nina, sorella gemella di una delle sue vittime in cerca di notizie sulla scomparsa, lentamente in Carlos emerge un sentimento inatteso. Per lui, abituato al più indicibile degli abomini, l’amore è un’esperienza difficile e pericolosa (dal catalogo del TFF).
RECENSIONI
Controllata combinazione tra elementi horror, impronta thriller ed evoluzione mélo, Caníbal si sviluppa concatenando progressivamente le tre componenti: nella prima parte sono le valenze orrorifiche (lattività predatoria del sarto antropofago) a prevalere, nella seconda simpongono le dinamiche investigative (la ricerca della donna scomparsa) e nella terza, infine, a impadronirsi del film sono i risvolti sentimentali (la relazione amorosa tra Carlos e Nina, sorella della ragazza precedentemente uccisa). Nonostante levidenza di tale eterogeneità, la successione delle tre matrici si articola senza rigidità o strappi, i passaggi da un registro allaltro producendosi gradualmente e per rimandi interni, con la comparsa di Nina ad assicurare la tenuta complessiva. Intelaiata su una drammaturgia laconica/antiesplicativa e sorretta da una fitta trama di impliciti, la basicità dello schema narrativo (il mostro che sinnamora) non precipita in calchi cinematografici risaputi o accattivanti, articolandosi al contrario su uno sguardo distaccato che inibisce lempatia con Carlos (Antonio de la Torre) e scongiura la rappresentazione oleografica dello spazio andaluso (discorso che vale tanto per le sequenze girate a Granada quanto per quelle ambientate in montagna). Tuttaltro che accomodante - sia detto in positivo, ovviamente - il quarto dora iniziale, privo di dialoghi e giocato su inaspettati scarti visivi che turbano la qualificazione oggettiva/soggettiva dello sguardo, stabilendo fin dal prologo unatmosfera alienata e raggelante.
