
TRAMA
Robert Trench e Michael Stigman, due simpatici criminali, non sono poi così criminali. E poi CIA, DEA, narcotraffico e 43 milioni di dollari. In salsa quasi Pulp.
RECENSIONI
Cani Sciolti si presenta come un lavoro quasi rétro. Anni '90. C'è l'amicizia virile complicata e insieme certificata da una realtà complessa (Point Break, Donnie Brasco, Ronin) popolata di personaggi e situazioni tarantiniani prossimi a irrompere nel regno della caciaroneria rodrigueziana e uno stile (termine che uso con troppa leggerezza ma si fa per capirsi) a metà strada tra il patinato e lo sporco/obliquo, tra il mainstream e il cool, marchio di fabbrica del compianto Tony Scott (True Romance - Una vita al massimo). Ed è così che dalla (strana) coppia black&white alle prese con un dialogo scoppiettante con cameriera simpatica e compiacente in un Diner che esploderà a breve (Le Iene, Pulp Fiction, Dal tramonto all'alba) si passa in un Messico sporco e sudato con ppp sulle rughe di delinquenti da generazioni per finire con un - letterale - Mexican Standoff (tanto per fare un nome, John Woo). In mezzo, pupe formose e doppiogiochiste, teste tagliate chiuse in vecchie valigie di pelle e accenni di flashback rivelatori, ma giusto accenni, tanto per dire: 'ehi, in quel tipo di film c'era anche quella roba lì, ricordate?'.
Si lascia guardare? Sì. Wahlberg fa lo sbruffoncello di sana e robusta costituzione e lo fa benino, Washington (perfetta maschera tonyscottiana) ormai va in automatico, sempre più invaghito della propria camminata, il cast di contorno è azzeccato (Bill Paxton incarna - bene - l'ennesima versione mefistofelica della CIA, Edward James Olmos è un Papi Greco perfetto) e Kormàkur non perde mai il polso della situazione, 'sporcando' il giusto ma fermandosi appena prima che lo sgradevole propriamente detto prenda il sopravvento. Tratto dall'omonimo fumetto 2 Guns, di Steven Grant e Mateus Santoluco.

La seconda collaborazione fra Mark Wahlberg e l’islandese Baltasar Kormákur, dopo il deludente Contraband, vede il secondo dettare maggiormente legge sul divo/produttore, investendolo di tutto ciò (azione a parte) che mancava nella pellicola precedente, ovvero l’ironia. Ma il punto di forza del film, a rischio continuo di noia per sfruttamento delle convenzioni del sotto-genere commedia poliziesca con buddy movie, è prima di tutto il racconto, tratto dal graphic novel di Steven Grant, con la sagace idea di mettere in campo due infiltrati che non conoscono le proprie maschere, rimpinguando l’evento con varie “tribù” di cui sono preda. In secondo luogo, funziona l’affiatamento che si crea fra i due attori protagonisti (e finalmente Denzel Washington, per quanto interpreti sempre “il” duro, si presta a tracce anche ilari), incanalato dal regista in binari noti, dallo stesso prontamente citati nelle interviste, andando da Chi Ucciderà Charley Varrick? (stesso nome della banca rapinata) a 48 Ore, da Una Strana Coppia di Sbirri a Una Perfetta Coppia di Svitati. Da queste opere ricava il tono, smargiasso con puntatine tragiche, da commedia che accoppia al serioso la “macchietta” (Wahlberg), con opposizione di villain da manuale (anche troppo). La sceneggiatura dell’esordiente, al cinema, Blake Masters si barcamena discretamente per evitare che troppi eventi eccezionali del plot sbrachino in una farsa grottesca involontaria.
