
TRAMA
In ritiro con la moglie in un paesino inglese, un professore americano deve difenderla dalle provocazioni di alcuni gradassi locali.
RECENSIONI
Sam Peckinpah sorprende nel momento in cui trasferisce i suoi saggi sulla violenza dal mito del West all’epoca moderna e va anche oltre, asserendo che l'istinto bestiale dell'uomo è indelebile e può trasformare un pacifico e pavido studioso in brutale difensore del talamo familiare. Il maschio riscopre un'indole tribale e alla femmina, in fondo, non dispiace. La critica, i media e gran parte del pubblico furono feroci nei confronti dell’opera (molto più che con Arancia Meccanica, con cui condivideva, lo stesso anno, la X rated), non capendo che, in realtà, il protagonista non si bea della violenza che scopre dentro di sé e che (altra scena contestata) la vittima di stupro non prova piacere come rappresentante di genere ma come essere ambivalente. Tutto ciò serve a Peckinpah per attaccare su tutti i fronti il moralismo benpensante: non c’è un personaggio in cui identificarsi, non c’è “vera” e mera vittima. Sotto un fuoco di fila (ma il film incassò bene), il regista provò a difendersi anche citando il Lao Tzu da cui trae ispirazione il titolo (“Il cielo e la terra sono inumani e trattano i diecimila esseri come cani di paglia”: i cani di paglia sono antichi feticci usati per i sacrifici) ma non riuscì a evitare che la pellicola fosse tolta dalla circolazione a più riprese (la prima versione non censurata, in Italia, è uscita solo nel 2001). Opera iconoclasta (vedere lo stile del montaggio) e coraggiosa, molto personale nonostante fosse su commissione (“Mi hanno dato un sacco di soldi, imposto la sceneggiatura e Dustin Hoffman”), in cui l’autore si barcamenò fra le imposizioni della produzione, prosciugando il romanzo da cui era tratta (“Abbiamo lasciato solo la scena dell’assedio”) e presentando al mondo un incompreso grido di verità per riconoscere l’Ombra che alberga in tutti noi.
