BUNGALOW

Anno Produzione2002

TRAMA

Il giovane Paul diserta il servizio militare che sta svolgendo, rifugiandosi nel bungalow dei suoi genitori. Viene raggiunto dal fratello Max e dalla fidanzata danese Lene. Qui si lascia andare ad una apatica quotidianità.

RECENSIONI

Un estate nel sud della Germania, alcuni automezzi militari si fermano per una sosta in un autogrill: Paul, soldato di leva, decide di non ripartire e di tornare a casa, nel bungalow dei suoi genitori, ora assenti perché in vacanza.
Paul si abbandona ad una fase di indolenza a cui alterna momenti casuali di ribellione. Sembra voler fuggire, ma non ci riesce o non tenta del tutto. Attorno alla piscina, al bungalow e dentro la cittadella di provincia, incastonata in una fotografia dai colori neutri e mai saturi che accresce il senso claustrofobico e spersonalizzante del film, Paul si muove tra momenti grotteschi altri più drammatici a volte comici  in un vagabondaggio senza movimento. “E’ un road movie – sostiene il regista - che non incontra mai la strada. Il protagonista ha un sacco di ragioni per andarsene ma non ci riesce mai”. Fuggito dai suoi doveri civici, trova nella casa il fratello maggiore con cui litiga, lo stesso farà con gli amici e con la sua ragazza, poi flirta con la fidanzata del fratello (un’attrice danese), ma è l’incomunicabilità a regnare. Mette al bando qualsiasi senso di responsabilità nella sua alienazione, nella monotonia giornaliera, nell’agire caotico e inespressivo, solo qualche desiderio sessuale in superficie lo smuove, che, con Lene la compagna del fratello, verrà esaudito nell’ultima notte. Angoscia, impotenza e irritazione pervadono il film e lo spettatore durante la proiezione.
Bungalow vive nella stasi visiva, drammaturgica e della rappresentazione. Galleggia tra i “tempi morti” della quotidianità che si reitera e dilata nel nulla, nell’indecisione e nella solitudine di un ragazzo. La macchina da presa spesso accenna appena i movimenti, le inquadrature dinamiche invece su un piano semantico si rivelano apparenti, la camera per lo più registra la scena. Kohler, al suo primo lungometraggio, che in parte si lega a Mein Stern (film austriaco, vincitore lo scorso anno del concorso “lungometraggi”) sceglie un taglio realistico, uno stile asciutto e a tratti documentaristico per raccontare un momento della vita di un adolescente tra nichilismo, infantilismo e tentativi di fuga irrisolti e implosi. Solo alla fine Paul decide di andarsene, sceglie la fuga che dal regista ci è negata, quando il ragazzo si sposta dietro il camion mentre i militari dell’esercito lo cercano, forse il primo tentativo di re/azione.
“Azione”, poetica e ideologica, che un po’ manca a Kohler, se facendo un volo pindarico ci avviciniamo, mantenendo le debite distanze e proporzioni ma a livello di immaginario, a Marco Ferreri per alcune sintonie a riguardo della staticità e della registrazione del reale. Notiamo in Bungalow la mancanza di un’autonomia da modelli estetici preesistenti e di un migliore sviluppo e approfondimento del soggetto.

                     Mauro Ravarino

Bel film tedesco dell’esordiente Ulrich Köhler, Bungalow è pellicola di difficile catalogazione popolata di “strani” personaggi emblematici di nonsisabenecosa; primo fra tutti il protagonista Paul, giovane disertore (moderatissimamente rebel, sicuramente without a cause) che da solo regge il film e cattura l’attenzione col suo agire agito e la sua apatia che appaiono comunque indirizzate a un misterioso fine tutt’altro che insignificante. Azzeccata la definizione di Bungalow data dallo stesso regista: “un road movie che non incontra mai la strada”. Azzeccatissima l’ultima scena, a suo modo sospesa e misteriosa, un non-finale perfettamente coerente col mood dell’intero film.