TRAMA
In un quartiere svantaggiato a ovest di Houston, i rapporti tumultuosi tra un’adolescente confusa e un uomo, attrazione del rodeo locale, che invecchia.
RECENSIONI
Ritratto minimalista di donne in lotta a cui si associa un racconto di formazione che riesce ad essere nello stesso tempo forte e delicato. La giovanissima Kris – una madre in prigione, una nonna che non riesce a starle dietro – vive ai margini della delinquenza, in una provincia americana desolata e senza alcuna prospettiva: furori adolescenziali, tentazioni piccole e grandi e un ambiente degradato che prima o poi le chiederà il conto (spaccio, prostituzione). Proprio il vicino, un maturo uomo di colore che lavora nei rodeo, obiettivo della teppa di cui la ragazza è parte, finisce per essere la strada della redenzione e del riscatto. L’uomo – al declino, oramai infermo – diventa un riferimento e un modello (e anche un’amicizia che non si dichiara mai come tale), soprattutto quando l’unica speranza di un cambiamento per Kris sfuma allorquando la madre, in prigione, rompe il circolo virtuoso della buona condotta e spezza il sogno della figlia di lasciare il maledetto posto. Proprio nell’asciutta esposizione del narrato, nel tacito riflettere su una crescita e nel sottintendere un passaggio di consegne segnato dalla trasmissione di un sapere (il toro del titolo è una scelta esistenziale che allontana da Kris qualsiasi deriva delinquenziale), va visto il principale merito del film di Annie Silverstein. Se Bull patisce molto il suo ossequiare – stilisticamente e narrativamente – tutti i codici dell’indie americano di questi anni – riesce però a non soccombervi in forza dei suoi silenzi, di uno svolgimento mai irrigidito nello schema e soprattutto di un finale secco e toccante.