Recensione, Western

BUFFALO BILL E GLI INDIANI

Titolo OriginaleBuffalo Bill and the Indians or Sitting Bull's History Lesson
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1976
Genere
Durata123’

TRAMA

Nel 1885, ’Buffalo’ Bill Cody è eccitato per il nuovo ingaggio del suo ‘Wild West Show’: Toro Seduto, il sanguinario esecutore della strage di Little Big Horn. Ma il nativo americano, uomo giusto e integerrimo, si rifiuta di re-inscenare un falso storico e chiede si citi il massacro di un pacifico villaggio Sioux da parte dei bianchi.

RECENSIONI

Dopo I Compari, che già destrutturava gli stereotipi del cinema western, Robert Altman va oltre e, come in M*A*S*H*, prova a colpire al cuore delle mistificazioni eroiche della coscienza americana, irridendo il mito di bianchi civilizzati che hanno domato selvaggi sanguinari. Lo fa prendendo le mosse dalla commedia teatrale “Indians” di Arthur Kopit, aiutato alla sceneggiatura da Alan Rudolph, suo aiuto sui set che, lo stesso anno, si fece conoscere dalla critica grazie al terzo lungometraggio da regista, Welcome to Los Angeles. Proprio nel bicentenario della leggenda di William F. Cody, alias Buffalo Bill, il provocatorio Altman compone il suo consueto film corale con struttura episodica, ottiene poco consenso in patria ma vince l’Orso d’Oro a Berlino per la versione originale (non quella tagliata di 20’ dal produttore Dino De Laurentiis). Attraverso i due punti di vista di cui è composto il film, quello di Buffalo Bill e quello dello scrittore che ne ha redatta la leggenda, non c’è solo la critica di come sono stati tramandati i fatti nella Storia degli Stati Uniti, ma anche demitizzazione feroce di un eroe del West che è solo un tronfio e fittizio prodotto del mondo dello Spettacolo, nato per esaltarlo (non sa sparare, i suoi stessi capelli fluenti sono una parrucca). Qualche lungaggine e qualche scena che non va a segno. Ha un precedente nella destrutturazione del western, con le sue coordinate epiche e spettacolarizzate, in La Dominatrice di George Stevens (1935).