Drammatico, Recensione

BOYS DON’T CRY

Titolo OriginaleBoys don't Cry
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Durata114'
Fotografia

TRAMA

Brandon Teena, una ragazza con un look mascolino, si finge uomo, e conquista parecchie sue coetanee. Ma questa finzione la porterà lontano dalla sua città, e la farà cadere in una storia più grande di lei.

RECENSIONI

Com'e' triste la provincia americana nell'interessante film di Kimberly Pierce tra giornate in cui, nonostante la noia latente, non c'e' alcuno spazio per la realizzazione dei propri sogni e tutto pare ruotare intorno a tacite leggi di apparente equita', tramandate di generazione in generazione. Non c'e' spazio in questo deserto per Brandon, che si sente uomo in un corpo di donna e segue con spontaneita' le sue pulsioni senza lasciarsi vincolare dal possibile giudizio degli altri. Il film segue il cammino di Brandon con un taglio un po' a tesi che contrappone la purezza della protagonista allo squallore delle persone che la circondano. Dopo una prima parte preparatoria, che ben caratterizza l'atmosfera in cui si muovono i personaggi, la degenerazione degli eventi e' ben calibrata e la tensione sale gradualmente rendendo tangibile la violenza psicologica e fisica che subisce la protagonista per la sola colpa di essere se stessa. Restano alcuni dubbi sulla dinamica dell'atto sessuale per Brandon e risulta poco chiara la scansione temporale in cui si svolge il tragico epilogo, ma il film funziona e sembra fatto apposta per scuotere il pubblico dal facile torpore delle scelte per forza giuste o per forza sbagliate. Nella provincia americana come dovunque!

Da un fatto di cronaca che aveva già ispirato il cortometraggio omonimo di Kimberly Peirce (1995: dello stesso anno anche il documentario The Brandon Teena Story), per un tema molto sentito dalla regista (nella cui tesi di laurea raccontava di una donna che faceva la spia travestita da uomo durante la Guerra di Secessione). Fondamentale per la riuscita del film (per la credibilità di una ragazza che passa per maschio, per la bravura dell’attrice) la presenza dell'androgina e allora sconosciuta Hilary Swank (premio Oscar). Stile nudo e crudo, realistico e “europeo”, opera apripista per una generazione di registe statunitensi che, spesso, hanno trattato argomenti sessuali scottanti. Anche se il racconto in sé è archetipico, incentrato su di un protagonista sotto mentite spoglie che non deve farsi scoprire, lo stesso è inserito in un contesto anomalo (anche troppo: arduo trovare un comprimario che si comporti “normalmente”), dove non solo diventa questione di vita o di morte, ma anche di psiche, di percezione di sé, con Teena/Brandon che pare vivere in una realtà parallela di sogno, simpaticamente irresponsabile, insopportabilmente ingenua. Peirce non padroneggia benissimo la drammaturgia, lasciando in campo vuoti di senso e ambiguità ingiustificate in zona M. Butterfly, ma sono riusciti gli sprazzi surreali in soggettiva della favola. Finale shock. Co-autore il commento sonoro espressivo, fra cui la title- track dei Cure.