TRAMA
Bancario inglese, triste single, cont(r)atta una ragazza russa via Internet. L’arrivo della donna segna un cambiamento radicale nella vita del giovane.
RECENSIONI
E' stata un'austera madre, un po' di maniera, nella ghost-story "The others". Ha cantato e ballato nel delirio pop "Moulin Rouge" con apprezzabili risultati, nonostante il ruolo di donna passionale non le si addica granche'. Sembra proprio essere l'anno cinematografico dell'intuitiva Nicole Kidman. Ecco quindi la distribuzione ripescare, con quasi due anni di ritardo, "Birthday girl", lanciato con una falsa promozione che promette sesso in abbondanza e torbidi segreti. In realta' il film di Jez Butterworth rischia di scontentare un po' tutti: chi si aspetta "un mistero senza veli", chi spera in una simpatica evasione, ma anche il pubblico da multiplex alla ricerca del filmone solido e compatto pur se prevedibile. "Birthday girl", infatti, e' una commedia alquanto sgangherata, dall'anima, se cosi' si puo' dire, divisa in due. Alcune parti risultano curate, sia a livello visivo che di scrittura, mentre altre cadono in imperdonabili grossolanita'. Parte bene, con la descrizione ironica di un introverso impiegato di banca che decide di trovare moglie tramite Internet e che si vede arrivare dalla Russia la bellissima Nicole. Con l'arrivo di due connazionali della ragazza, pero', il film sembra non sapere piu' che piega prendere e dopo una mezz'ora potrebbe tranquillamente scriversi la parola FINE. Seguono invece parecchi tempi morti, vari cambi di registro, dalla commedia al thriller-rosa, fino all'improbabile finale. Nicole Kidman, forse libera di lasciarsi andare maggiormente rispetto ad altri ruoli, risulta, oltre che bellissima, perfettamente in parte e particolarmente espressiva. Ben Chaplin, nonostante un terribile doppiaggio, rappresenta bene lo spaesamento di un uomo abituato a reprimersi e a dare per scontata la tiepida soddisfazione di una vita dall'andamento lineare. Risultano credibili come russi anche Jean-Pierre Cassel e Mathieu Kassovitz, nonostante l'assenza di qualsiasi approfondimento dei loro personaggi. Quello che si fa fatica ad accettare e' l'improbabilita' di molte situazioni: la facilita' della fuga, la complicita' che si crea tra i due protagonisti, l'eccessiva morbidezza del bancario interpretato da Ben Chaplin, che sembra avere la funzione puramente meccanica di tirare avanti la storia. Nonostante l'insieme non convinca, risulta pero' interessante constatare una certa anarchia in un film ad alto budget (dietro c'e' pur sempre la Miramax!) dove i mezzi toni e le sfumature (basta pensare alle preferenze sessuali del protagonista), generalmente cassati a favore della spettacolarita' degli eccessi, riescono a trovare una possibile via di espressione. Anche l'apparente "happy ending", dietro ai sorrisi, nasconde piu' di un'incertezza.Forse non basta per rendere il film irresistibile, ma e' sufficiente per collocarlo in quella non disprezzabile via di mezzo, dove le ciambelle, pur riuscendo senza buco, hanno tratti di fragranza.

C'è ben poco da dire sul secondo film di Butterworth, maldestro tentativo di fondere noir e commedia sentimentale che finisce per rendere vacuamente grottesco l'uno e scipitamente frigida l'altra. Molto, invece, sul talento di Nicole Kidman, che proprio con questo filmetto offre – per quanto strano possa sembrare – la prova migliore della sua carriera. Più che il personaggio di Nadia, interessante quanto gli altri previsti dal copione, e quindi ben poco, conta il ruolo, quello della femme fatale. In una stagione dominata dalla presenza di una fatina francese che decide di consacrarsi all’attività di regalare infiniti motivi di gioia (e qualche catastrofe) alle esistenze altrui, non poteva mancare il riflesso "cattivo" della stessa figura, la sirena (del Mississippi) bellissima e crudele (anche involontariamente), una moderna Elena che, mutando radicalmente la vita di chi s’imbatte in lei, è al tempo stesso sacerdotessa e strumento di un destino provvisto di un affilato senso dell'umorismo.
Nadia è quasi come la Satine di "Moulin Rouge", e in quel quasi è rintracciabile un buon potenziale umoristico che Butterworth non sa, o non vuole, sfruttare: entrambe “donne pubbliche", abili simulat(t)rici, redente (ma quanto, e per quanto?) da un amore contrastato, ma l'una è primadonna, l'altra soubrette. Satine è tragica, disperata e romantica, Nadia è (potrebbe essere) travolgente ma goffa, concreta e ironica, in una parola leggera. Kidman è, da sempre, l'icona dell'alto, nel campo del melò ("Ritratto di Signora") e del thriller ("The Others") come in quello comico – grottesco (la Suzanne di "Da Morire" era decerebrata, ma la sua sicumera wasp la elevava al rango di maschera livida, tragicamente reale, e nello smielato “Amori & Incantesimi” Gillian era la sorella irrequieta, e una vera strega): "Birthday Girl" è l'occasione (quasi) ideale per misurarsi col basso, con una quotidianità, una medietà (in tutti i sensi) difficilmente associabile all'immagine aristocratica, rarefatta, inavvicinabile della Diva Kidman. L'attrice si conferma grande per la sua capacità di avvicinarsi ad una parte "piccola" senza scadere nel banale e, per giunta, senza perdere una minima parte del proprio carisma, sfoggiando una mimica perfetta (impagabili certi sguardi, specie nella prima parte). Circondata da colleghi persi fra gigionerie e occhioni sgranati, la Kidman è un faro nella notte, l'unico motivo per sorbirsi novanta eterni minuti di sketch di seconda mano. [Come sarà emerso da quanto detto sopra, la mia droga si chiama Nicole. E chi non loda con me, Cruz lo colga.]
