TRAMA
Ex star di una sitcom televisiva di breve durata, Fabien beve troppo per ricordare tutto quello che fa e non lo stupisce più nulla. Quando sulla sua strada incontra Yoni, giovane militare triste, non è sorpreso neppure di scoprire la testa di un altro uomo, bella come un sogno, come un ricordo, come un rimprovero.
RECENSIONI
Prima di scoprire chi è davvero, Fabien appare come un personaggio senza un’identità stabile: perdendo costantemente la memoria breve (come in Memento) diventa a ogni risveglio qualcos’altro. È lo stesso destino del film, che aderendo al percorso del protagonista, continua a resettarsi e a ricominciare, gioco di ripetizioni, echi e ricorrenze che sa maneggiare la stranezza (ma anche il repellente, il disgustoso, l’inguardabile) e che si scoprirà trip mentale, percorso di rielaborazione di un vissuto in cui trauma e senso di colpa si mischiano.
Imperfetto, troppo lungo, autoindulgente? Sì, certamente, ma Bêtes blondes è anche film di sapida sottigliezza queer, che ha il coraggio della bizzarria, facendosi forte del tono surrealista (emerge Buñuel in trasparenza) e di un andamento magmatico che continua a proliferare, a inanellare situazioni, personaggi, pezzi di vita mantenendo il difficile equilibrio tra i diversi registri coinvolti.