TRAMA
Ben è diverso. La sua vita è un universo a sé stante, in cui lui gioca al suo videogioco preferito, Archlord, in modo ossessivo, provando le sue abilità per vivere meglio nel mondo reale, rappresentato dall’istituto tecnico che frequenta e che è per lui un vero inferno. Scarlite, la ragazza che ha incontrato nel gioco on-line, entrerà nella sua vita … ma questo non era parte del piano.
RECENSIONI
È dai tempi di Tron che la vita all'interno del computer rischia di essere molto più affascinante di quella reale. È ciò che sperimenta sulla sua pelle il giovane Ben. Il ragazzo, vittima della sindrome di Asperger (un disordine pervasivo dello sviluppo imparentato con l'autismo), è tanto vincente nel videogioco "Archlord" (realmente esistente), quanto nerd nella realtà. Una soluzione all'ipersensibilità Ben la trova cercando di affrontare le vessazioni del quotidiano attraverso gli strumenti e le esperienze accumulate nel mondo virtuale. Una compenetrazione sfruttata anche nella messa in scena del regista e sceneggiatore Nic Balthazar che, adottando il punto di vista del protagonista, anche voce narrante, costruisce molte sequenze proprio come se fossero gli step successivi di un gioco al computer. Efficace nel rappresentare la deriva delle istituzioni senza moraleggiare più di tanto e credibile nella caratterizzazione dei personaggi di contorno (nessun trauma da rimuovere e una famiglia assolutamente ordinaria), il film ricorre con abilità alla moda del momento (il filmato compromettente disponibile on-line) e crea una progressione credibile alla degenerazione degli eventi. L'incapacità di reagire ai soprusi e la disperazione del protagonista colpiscono nel profondo, grazie anche all'interpretazione molto fisica di Greg Timmermans e all'espressività di Marijke Pinoy nel ruolo della madre, un volto che sarebbe bello ritrovare. Le pseudo interviste a familiari e compagni di classe che più volte interrompono la narrazione servono a depistare e, pur nella malcelata furbizia della confezione, hanno un'innegabile efficacia. Meno convincente la via del compromesso attraverso la strada poco plausibile del "suicidio creativo". Una sorta di terza via al suicidio "distruttivo", e all'omicidio, che sembra più che altro una mancanza di coraggio verso ipotesi più radicali. Così come lascia perplessi il risalto che arriva ad avere il personaggio femminile nello scioglimento della vicenda. La sceneggiatura ha infatti una sua coerenza, valorizzata dallo stile aggressivo e un po' greve della regia, ma la sospensione di incredulità finisce per latitare.
