TRAMA
Il principe Egon è deciso a destare dal suo sonno centenario la principessa Rosemunde, vittima di un incantesimo.
RECENSIONI
Honni soit qui mal y pense
Come Louis di Letonia, l’uomo moderno non crede alle fiabe: sono vicende non credibili, fuori dall’ordinario, inammissibili. Eppure, le fiabe esistono ed esistono le fate, esseri che vivono tra gli umani e sono simili a loro nelle passioni e nei pensieri. Variamente (in)visibili, guidano il girotondo delle storie (e della Storia), ne prevedono gli sviluppi, ne determinano lo scioglimento. Con lo stesso divertito, implacabile distacco, Adolfo Arrieta (che nei titoli di testa si firma semplicemente A. Arrietta) dispone le figure del suo superbo arazzo, che non sono, tuttavia, semplici tasselli di una squisita composizione visiva, ma personaggi compiuti e persino vividi, nei limiti di una definizione volutamente monocorde. Il regno di Letonia (un’allusione al fiume Lete?), una terra cinta da boschi selvaggi e misteriosi, non è meno immemore e addormentato del minuscolo paese di Kentz: disabituato a sognare, l’uomo del Duemila guarda sconsolato al futuro (i rovelli dinastici di Louis) ma può, grazie alle fate (la magia del cinema, naturalmente), ritrovare il sentiero che conduce al passato, divenendo (ritornando?) padrone del tempo. Il ritmo è cruciale per il giovane Egon, che si esprime principalmente con il pulsare della batteria e il movimento della danza: tutto il film ha l’aria di un balletto-pantomima, un’impeccabile coreografia che sfiora, con noncurante grazia, temi letteralmente imponderabili (il perenne conflitto tra padri e figli, l’ossessione di un amore predestinato, il labile confine tra ricordo e illusione) e altri più scopertamente “politici” e polemici (“un re sonnambulo? Nessuno noterà la differenza”), giocando, sorniona, con le lacune della narrazione (il misterioso conoscente della fata). Un divertissement che può risultare, in pari misura, irritante e incantevole: a voi la scelta. Per me è sufficiente l’arrivo di Egon a Kentz: una sequenza che sembra provenire direttamente dalle tavole di Doré.