TRAMA
L’irresistibile ascesa di Georges Duroy, poi Georges Du Roy de Cantel, da oscuro impiegato delle Ferrovie a esponente di spicco del demi-monde parigino.
RECENSIONI
Prendere il romanzo di Maupassant, semplificarlo brutalmente, tagliarlo senza pietà, cucirlo addosso al divo del momento e vedere l'effetto che fa: neanche da buttare via, viste le premesse e il livello medio (sconfortante) di queste operazioni europee pensate per il mercato statunitense. Le vicende di Georges, emblema di un mondo vacuo e in perenne divenire, si susseguono incalzanti nel semplicistico, ma non grossolano (tranne che nell'epilogo, malamente rappezzato), adattamento di Rachel Bennette, mentre la regia, affidata a due navigati professionisti del teatro britannico, si preoccupa principalmente di non intralciare il lavoro di scenografi, costumisti e, perché no, attori. Attori che sono, prima ancora che interpreti, presenze, apparizioni, superbi manichini di cera, squisitamente addobbati, vivificati da gesti e oggetti caratteristici (la pera di Madame Rousset - Madame Walter, nel romanzo -, le scartoffie e le mimose di Madeleine, l'abbandono civettuolo, dichiaratamente da cartolina illustrata, di Madame de Marelle), con l'eccezione del protagonista, così intimamente mediocre da non essere che unombra, un riflesso della propria vanità (l'indugiare allo specchio), la pedina accidiosa di un gioco che s'illude di controllare, ma in cui riesce a insinuarsi solo quando gli altri giocatori sono distratti o soffocati dalle passioni del momento (il dialogo tra marito e moglie dopo l'apertura del testamento di Vaudrec). Robert Pattinson, (volutamente?) troppo giovane per la parte, sfuma quasi sullo sfondo, come il suo personaggio, davanti alla (pre)potenza delle figure femminili, dominate dalla bellezza, languente ma non spenta, di Kristin Scott Thomas, e dall'energia di Uma Thurman, mentre Christina Ricci è una mezza delusione, complice anche la scelta di fare di Clotilde una sorta di contraltare 'sano' (con tutte le virgolette del caso, e anche senza) di Georges. Superba la cura cromatica, che conferisce a ogni sequenza un tono consono alla circostanza drammatica e relega in secondo piano, almeno a tratti, le ingenuità e la faciloneria delle immagini, più ancora che dei dialoghi (la proposta di matrimonio a cadavere ancora caldo). Intrattenimento di gran lusso, decisamente fané, che avrebbe meritato una direzione meno ingessata, anche a rischio di scivolare a più riprese nel kitsch.