TRAMA
Nove anni dopo essersi ritrovati, Jesse e Celine vivono insieme e hanno avuto due bambine. In vacanza in Grecia per l’estate, una serie di eventi li porta a riconsiderare il loro passato e a fare il punto sulle loro scelte come individui e come coppia.
RECENSIONI
Tutto in una notte
Fai un salto... di dieci, vent'anni, d'accordo? Tu sei sposata e il tuo matrimonio non ha più quella stessa carica che aveva un volta, capisci? Cominci a incolpare tuo marito, cominci a pensare a tutti gli uomini che hai conosciuto nella tua vita e a che cosa ti sarebbe accaduto se ti fossi messa con uno di loro. Ci sei? Be', io sono uno di quelli, eccomi qui. Perciò prendila come una specie di viaggio nel tempo, da allora ad adesso, per scoprire cosa ti perdi. Vedi, questo potrebbe essere un gigantesco favore, fatto sia a te sia al tuo futuro marito, per scoprire che in realtà non ti perdi niente, sono un perdente esattamente quanto lui, privo di stimoli, una palla al piede e hai fatto la scelta giusta e nei sei molto felice.
Richard Linklater non è un autore: regista dai risultati altalenanti e dalla direzione incerta, residente senza regolari documenti di quella zona franca che sta tra finzione e reale, pedina i personaggi senza afferrarli e indaga i fatti senza affondare i denti. È, però, un complice d'attori fino a farsi loro yes man, un veicolo per performance che si fanno, quelle sì, autoriali: lo è (stato) per Ethan Hawke & Julie Delpy, come in seguito per Jack Black con il dittico complementare di School of Rock/Bernie. Linklater non è Truffaut e Jesse & Celine non sono Antoine Doinel: eppure la trilogia europea del Before (Sunrise, Sunset, Midnight), sfiorando i connotati di franchise senza mai diventare un prodotto realmente commerciale, ha un suo carattere peculiare e traccia la storia non solo dei sue due protagonisti, ma anche quella dei suoi autori (il plurale è d'obbligo), cresciuti con essa. Nel 1995 Prima dell'alba era un piccolo film indie figlio dei suoi tempi: romanticismo minimale a basso budget; logorrea a due voci su argomenti disparati, al pari dei Clerks di Kevin Smith; due protagonisti “grunge” a cuore aperto sullo sfondo di una città, Vienna, abbastanza “esotica” per il pubblico americano ma sufficientemente ricercata. Il breve incontro aggiornato agli anni 90, fiumi di parole a ruota libera affidate a due ex ragazzini prodigio ora giovani interpreti in cerca di affermazione: sia Linklater sia i suoi luminosi attori non nascondono di mirare alto (tra Nouvelle Vague e riferimenti ingenuamente posticci a Joyce: Jesse e Celine s'incontrano il 16 giugno, lo stesso giorno in cui si svolge Ulisse), ma l'onestà di fondo è salva, l'energia dei tre giovani coautori contagiosa e l'ovvia componente autobiografica che ognuno dei partecipanti all'operazione riversa nel film riesce a restituire qualche verità solenne su un'età di passaggio difficilmente agguantabile. La scommessa fra i due protagonisti, ufficializzata da Jesse sul treno con l'escamotage della macchina del tempo, diventa anche quella di Linklater nei confronti dello spettatore: farci assistere a un'infatuazione nel suo crescere in tempo (quasi) reale, con tutta la goffaggine, le esitazioni e i tempi morti che ne derivano, barando il minimo indispensabile. Il regista 35enne ci mette una macchina da presa passiva ma efficace; gli attori 25enni la chimica quasi miracolosa nel riprodurre il gioco vecchio come il mondo di una seduzione tutta cerebrale, fatta di sguardi e dialoghi interminabili. Lo status di cult del film non sarebbe probabilmente stato possibile senza il finale aperto, quell'arrivederci ferroviario che, nel suo impacciato romanticismo, è al tempo stesso parodia e commossa rivisitazione di dozzine di scene hollywoodiane similari. Lo stesso finale che, 9 anni dopo, rende possibile l'atto secondo.
Tutto in un giorno
Forse siamo bravi soltanto nei brevi incontri, soltanto a passeggiare in città europee dal clima mite.
Prima del tramonto non è più un film sull'amore, ma sul rimpianto e, soprattutto, sul desiderio rappreso. Linklater e sodali, con quasi un paio di lustri sulle spalle, sono i primi a voler vedere cosa è successo dopo i titoli di coda di Prima dell'alba, e il secondo film si pone subito su un piano metanarrativo che lo rende un prodotto completamente diverso dal precedente. Dopo un'apparizione fugace in Waking Life, l'esperimento in Rotoscope di Linklater, Jesse e Celine si reincontrano ufficialmente a Parigi quando lui presenta il romanzo che ha scritto ispirandosi alla loro unica notte insieme: i fatti del libro sono gli stessi che abbiamo visto nel loro divenire in Prima dell'alba, Jesse/Hawke si presenta scopertamente come alter ego del regista e narratore (ruolo destinato a crescere nel terzo film) che al sentimento amoroso per una donna ormai quasi immaginaria unisce (e in gran parte sovrappone) la necessità di scrivere il seguito, di riprendere possesso del suo racconto. Il desiderio è condiviso dal pubblico, quasi un terzo protagonista in scena lungo il percorso parigino di Jesse e Celine, tanto è palpabile il senso di aspettativa verso la risoluzione dell'intreccio, prima che verso una catarsi sentimentale: vogliamo sapere cosa è successo 9 anni prima e perché l'appuntamento fra i due non si è verificato. In questo senso Prima del tramonto è il più pretestuoso e immaturo degli atti della trilogia, meno interessato alla psicologia dei due (non)amanti (qui ammaccati dal tempo, confusi e infelici, depositari di svariate storie di delusione in campo amoroso) e piuttosto mirato alla creazione di un meccanismo di ripetizione di situazioni e simmetrie del primo episodio. La natura di divertissement, a uso e consumo dei suoi interpreti e creatori non meno che del pubblico pagante, affligge la sincerità di un'opera che ha la sua ragione d'essere solo nella curiosità del “riassunto delle puntante precedenti”. E che solo quando si libera di questa urgenza, e di nuovo rinchiude in una stanza due corpi e il loro desiderio, riesce a ripartire da zero con un segmento (quello nell'appartamento di Celine) che costituisce quasi un corto a sé stante e ritrova l'alchimia perduta. Senza niente più da dirsi, solo canzoni e imitazioni da inscenare su un palcoscenico inesistente, Jesse e Celine tornano a essere due sconosciuti alla conquista l'uno dell'altro, di nuovo in corsa contro il tempo.
Tutto in una stanza
Sono un viaggiatore del tempo. Sul serio, ho una macchina del tempo in camera mia e sono venuto a salvarti, come ho detto che avrei fatto. Te lo assicuro, il tipo che ricordi vagamente, quello dolce e romantico che hai conosciuto sul treno, sono io.
'Tesoro, tu lo perderai quell'aereo', diceva Celine al termine del vagabondaggio parigino. 9 anni dopo il trio si riunisce per chiudere definitivamente il cerchio, questa volta con una nuova consapevolezza. Meno giocoso e più amaro, complesso e asciutto, Before Midnight, a differenza del secondo capitolo, è fruibile come prodotto indipendente, in questo assai più simile al capostipite della trilogia. D'altronde, se Linklater, Hawke e Delpy decidono di tornare a calcare un percorso ormai familiare, non è più per gioco, ma per cercare un senso all'operazione nel suo complesso: il terzo film riapre ferite mai saldate e getta una luce diversa sull'intera trilogia. Se da un lato il personaggio di Jesse si delinea in modo perfino caricaturale come (meta)narratore seriale (nel frattempo, un altro romanzo è stato pubblicato sulla storia d'amore fra lui e Celine, al punto che entrambi vengono costretti a elargire autografi), la regia di Linklater riesce finalmente a farsi incisiva nell'utilizzo degli spazi, costruendo un impianto quasi teatrale all'atto conclusivo. La scelta della location greca, necessaria per ricreare, nonostante Jesse e Celine siano una coppia ormai da quasi 10 anni, quella situazione di eccezionalità e sospensione del tempo dei precedenti film, risulta inevitabilmente forzata (è davvero plausibile che i due, in vacanza in una splendida villa rustica, si concedano come notte premio lontani dalle figlie gemelle un soggiorno in un anonimo e tutt'altro che tipico hotel cittadino?) e spezza in due tronconi netti la narrazione. La prima metà, fatta di dialoghi quieti e della consueta passeggiata, è funzionale all'eplosione drammaturgica del secondo segmento, quando il regista sigilla i due in una stanza d'albergo e trasforma la location in un palcoscenico, con tanto di quinte da cui uscire e rientrare furiosamente, dove va in scena una resa dei conti che poco ha a che fare con il terzo incomodo pubblico e tutto con i sentimenti di personaggi che si conquistano la tridimensionalità. Scarnificandosi progressivamente in una lite che mette a nudo due decenni di illusioni reciproche o autoindotte, Jesse e Celine si ritrovano nudi, e palesano la componente di finzione dolorosamente necessaria in un rapporto di coppia. Cos'è stata la loro prima notte insieme, a Vienna, se non uno show offerto l'uno all'altra a scopo di conquista? E quanto di fasullo è stato inscenato nel secondo incontro, a Parigi, mettendo insieme i cocci di due vite malmesse? Infine, fermi uno di fronte all'altra senza più vicoli romantici in cui camminare (allora sì, l'ambiente asettico dell'hotel risulta azzeccato), gli amanti sono consapevoli di quanto il gioco di coppia sia, spesso, una messa in scena dal variabile livello di sincerità. Hawke e Delpy (entrambi, nel frattempo, passati almeno un paio di volte dietro la macchina da presa, dettaglio non trascurabile), magnifici nella loro accresciuta bravura e nella spiazzante sincerità dei loro corpi e volti segnati dal tempo, chiudono finalmente il cerchio mentre si accusano a vicenda, letteralmente, di sparare cazzate. Di averlo fatto sempre, forse, fin da quando la missione di entrambi era fare colpo, prima che diventasse la semplice sopravvivenza quotidiana al logorio di coppia. Bignami fulminante dell'evoluzione di un amore, la seconda metà di Before Midnight supera in tensione della scrittura tutto il resto della trilogia, e stupisce per la maturità faticosamente ma onestamente raggiunta da Linklater & Co. nel rileggere tutti e tre i film infondendo loro un nuovo senso. Come se assistessimo alla presa di coscienza reale degli autori, forti di quei vent'anni passati dal primo capitolo, mentre viviamo quella fittizia dei personaggi. Forse il più sincero e riuscito fra i tentativi del regista di fondere documentario e fiction, che si chiude, in una circolarità meno telefonata e stucchevole di quanto appaia, con una citazione diretta di Prima dell'alba: il ritorno dell'escamotage del 'viaggio nel tempo', la necessità perpetua della finzione per non soccombere alla realtà.