Biografico

BECOMING JANE

Titolo OriginaleBecoming Jane
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2007
Durata120'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Storia dell’amore tormentato tra Jane Austen e Tom Lefroy.

RECENSIONI

Dilatando uno spunto narrativo scarno, effettivamente poco approfondito in qualsiasi nota biografica (in cui si cita sì il nome di Lefroy in relazione ad una presunta liaison con la scrittrice, ma non oltre), Becoming Janerisucchia la Austen nel delicato, tormentato, velatamente ironico universo creato dalla sua stessa penna (come, in modo più sofisticato e personale fece Gilliam qualche tempo fa nel notevole I fratelli Grimm e l’incantevole strega), assegnandole il ruolo della protagonista in una vicenda che si ispira ai suoi romanzi e aspira a trasportarne le peculiarità dalla carta alla pellicola. Ne risulta un completo e scolastico bignami che esemplifica correttamente le caratteristiche del contesto, le difficoltà della protagonista nel relazionarsi ad esso, soprattutto alle sue regole implicite (eppure per certi versi, come lei stessa le definisce, necessarie), fotografando l’orgoglio (proto-femminista) confrontarsi con il pregiudizio su tavoli scottanti come il contrasto tra ragione e sentimento (e mo la smetto di citare titoli tra le righe), il ruolo della donna(-scrittrice) o la liceità dell’ironia e mettendo ovviamente in scena i rituali borghesi in cui tutto ciò si consuma. E sebbene Jarrold si industri nel nobilissimo scopo di ricreare la rara commistione di toni della Austen con lo specifico filmico, ricorrendo a sequenze leggiadre e dense di humour, ritmate da raccordi tutt’altro che banali, o giocando di rimandi prettamente grafici o legati alla reiterazione di movimenti di macchina similari, a creare un che di angosciante, manca di costanza e scade spesso nell’accademico; e così dicasi della sceneggiatura, che pare estrapolare dall’opera della Austen topoi dotati di scarsa e poco avvincente rielaborazione e al contempo lontani da una possibile stilizzazione teorica. Soprattutto: lo scavo introspettivo non riesce a bilanciare il risaputo tramico, non lo scalfisce, non riesce a farlo vibrare. Non è solo una questione di stile, ma anche di recitazione, di doppiaggio forse. Sarebbe pure legittimo, se non si trattasse di un film su Jane Austen.

Una biografia molto romanzata della vita di Jane Austen. Impresa che deve aver richiesto un po’ di impegno e parecchia fantasia dal momento che, da quanto ne sappiamo, l’esistenza della scrittrice inglese è stata, almeno narrativamente parlando, noiosa come poche. Ma, a dispetto degli incontrovertibili cenni biografici disponibili sul suo conto, l’idea di fare un film della sua vita aveva una duplice attrattiva: raccontare una delle autrici tuttora più amate al mondo e trarre dalla sua vita una sorta di nuovo romanzo austeniano da portare sul grande schermo, visto che i 6 da lei realmente scritti sono stati ormai abbondantemente saccheggiati dal cinema. E in effetti Becoming Jane somiglia ad uno dei romanzi sentimentali nati dalla penna della Austen, soprattutto per ambientazione, linguaggio e spirito protofemminista. Ma, purtroppo per lo spettatore, con meno ironia, più malinconia e una certa lentezza, laddove la scrittura austeniana si distingue per leggerezza e ritmo. E in più, niente lieto fine. Scovata una storia d’amore – non sappiamo quanto intensa e concreta – nella gioventù di Jane Austen – il film la amplifica e ne fa elemento fondamentale di ispirazione per le sue future opere.
Ecco allora la sceneggiatura che costruisce il mondo della scrittrice posizionando tasselli che il pubblico possa riconoscere come spunti puntuali per la sua scrittura, alcuni reali, altri assolutamente fantasiosi. Il rapporto strettissimo fra le due sorelle, le dinamiche sociali dominate dalla logica del denaro, la vita delle ragazze segnata dal timore di restare zitelle, dalla mancanza di dote, dallo spauracchio della povertà a condizionarne le scelte. Jane assomiglia un po’ alla Elisabeth di Orgoglio e pregiudizio, pochi soldi e intelletto arguto, compiaciuta ironia e risposta pronta (ma è lecito sospettare che questa fosse più una proiezione dei desideri della scrittrice che il modo in cui davvero appariva in società). Più che una donna contro, come recita l’atroce sottotitolo italiano, più che una ribelle, una persona di talento che riteneva le donne non dovessero necessariamente sacrificare del tutto sentimenti ed idee alle convenzioni sociali. L’inizio litigioso e sospettoso dell’amore tra i protagonisti di Orgoglio e pregiudizio nascerebbe dunque dal rapporto tra Jane e il giovane avvocato irlandese, le tante proposte di matrimonio presuntuose e inappetibili dei suoi romanzi sarebbero ispirate dalla sua personale esperienza, insieme al panorama di sciocchi di buon patrimonio, zie ricche e arcigne, madri ansiose di trovare un marito per le figlie e balli galeotti. L’incontro con Anne Radcliffe, scrittrice di romanzi gotici estremamente in voga nell’Inghilterra settecentesca, che ispirò direttamente alla Austen L’abbazia di Northangher, non è solo l’ennesimo riferimento alle esperienze da cui presero vita i lavori della scrittrice, ma anche l’esemplificazione emblematica di come un mondo letterario avventuroso e vivace possa contrastare con un’esistenza ordinaria. E l’amore non coronato e mai dimenticato con Lefroy dovrebbe, se si ripone fiducia nella lettura offerta dal film, aver ispirato senza alcun dubbio il crepuscolare Persuasione, ultimo romanzo in cui la Austen si sarebbe concessa la seconda opportunità che la sorte le ha negato.
L’universo dei romanzi della Austen rispecchia dunque con buona fedeltà, secondo gli sceneggiatori, la sua vita da ragazza. Come in essi le vicende amorose sovrastano gli altri temi, strettamente legate, però, alle regole sociali ed alle loro invadenti meschinerie. La descrizione della nascita della scrittrice dalla giovane Jane si limita invece all’impulso irrefrenabile di gettare inchiostro su carta, all’idea di raggiungere l’indipendenza economica tramite la propria opera ed alla riflessione che i romanzi permettono di regalare e regalarsi il lieto fine che la vita nega. Tutto sommato troppo poco, anche per chi è in astinenza dal mondo austeniano. L'attrice Anne Hathaway, un po' troppo carina per la parte e scandalosamente americana, offre un’interpretazione senza infamia e senza lode. Ma il vero Attore della nuova generazione è il britannico James McAvoy, fascino imperfetto e notevole espressività: persino con una sceneggiatura che gli concede una opportunità limitata di farsi valere riesce ad alternare vispa mascalzonaggine alla convincente maschera dolente che ormai gli conosciamo.