Commedia

BE KIND REWIND

Titolo OriginaleBe Kind Rewind
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2008
Genere
Durata101'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Costumi

TRAMA

I nastri del videonoleggio sono tutti smagnetizzati. Cosa fare? Semplice, si rigirano i film.

RECENSIONI


Nel precedente L'arte del sogno Gondry diceva: così (non) amo, in quest'ultimo Be Kind Rewind sembra dirci: così creo.
Da un film fortemente autobiografico, sbilanciato sul piano personale, una riflessione sull’amore, bramato e alla fine solo sognato, in cui gli oggetti di affezione s’inventano per rappresentare artisticamente un’esigenza sentimentale, si passa a un lavoro ancora autobiografico ma diretto a planare sul piano della creazione: gli oggetti di affezione, stavolta, testimoniano, attraverso il sentimento dal quale promanano, un’esigenza sostanzialmente artistica; un film, BKR, che ribadisce la radicata tendenza del regista a mettersi nelle cose che fa, lo scortecciarsi l’anima, da un lato, e la messa a nudo dimostrativa del suo talento e delle modalità per impiegarlo dall'altro: questi elementi sono a tutti gli effetti il cuore pulsante del suo percorso autoriale, lo sostanziano, lo nutrono. In questo senso il rifacimento artigianale di alcuni classici della cinematografia di ieri e dell'altro ieri non è soltanto un modo per portare avanti una trama molto divertente, piena di spunti intelligenti e molto molto inventivi (che ci conferma quanto il Gondry scrittore sia un perfetto gestore del côté narrativo, come riesca a creare vari filoni, a muoversi sciolto in un plot che mette insieme tanti personaggi e trame diverse e che, alla fine, riparte con il diario di lavorazione del film su Fats Waller per chiudersi laddove era cominciato) ma anche e soprattutto il modo che l’autore sceglie per dire che lui, quei film, li avrebbe davvero fatti così, che quella del low-budget e del bricolage è ben più di una scelta, è una vera e propria necessità, un imperativo intimo, un convincimento personale: io sono la mia arte e la mia arte è questa, ovvero la vita, il cuore, il cervello, lo spirito che mi appartengono sono al servizio della mia fantasia che si fa opera, gioco, piacere. La questione è sottolineata e ribadita al punto da proporsi come vero e proprio slogan per quello che, a tutti gli effetti, ci pare un film politico fino alla militanza (laddove il finale alla Capra è idilliaco fino al visionario): quella per immagini filmate è una poetica che tutti possono esprimere; non è necessario scendere a qualsiasi compromesso; abbi un’idea, usa quello che hai, rendilo funzionale poiché tutto si può fare (così si crea la "notte americana" col semplice ricorso al negativo e ci si fotocopia le facce per averle in positivo). Insomma la vittoria dell’inventiva sul grande budget, dell’ingegno sulla povertà di mezzi, del vhs sul dvd rappresenta la strenua resistenza di un passato "artigianale" sull’arida logica presente, quella industriale che tutto ingurgita, mastica e sputa. Una critica, nemmeno così velata, al Sistema la cui macchina irrefrenabile impone a un pubblico passivo roboanti e vuoti filmacci.


E chiare, in questo senso, risultano le coordinate dalle quali parte Be Kind Rewind (il titolo riprende una scritta applicata alle videocassette a noleggio nei paesi anglofoni che invita il noleggiatore a riavvolgere il nastro dopo l'uso): Block party, il film che narrava del percorso per arrivare a portare black star della musica come The Roots, Kanye West e Erikah Badu a tenere uno storico concerto in una qualsiasi strada popolare, davanti a un anonimo caseggiato (allo stesso modo in questo film un intero quartiere si dà alla pratica del film sweded, condividendo lo spirito di fondo dell’iniziativa, prima come fruitore e poi, cosa ancora più importante, come artefice) e il video Lucas with the lid off (il meraviglioso piano sequenza su tutti i filmsweded in lavorazione – momento magistrale - lo cita alla lettera, se di citazione si può parlare, visto che in quel frammento Gondry usa una sua modalità consueta) che rivisto oggi acquista il sapore di un magnifico presagio.


L'arte povera del francese sembra esprimere insomma una necessità del cinema odierno di non farsi soffocare dalle logiche della grande produzione, di ritrovare umanità, disincanto e spontanetà (film che hanno cuore e anima: lo si dice esplicitamente). E BKR, magnificamente interpretato (dal rapper Mos Def a Jack Black, penalizzato più di tutti dal doppiaggio, alla splendida Mia Farrow, fino all'apparizione-citazione della Weaver - che era tra i protagonisti di Ghostbusters -) proclama la vitalità del mezzo attraverso il fondamento di qualsiasi ragionamento in materia, lo slogan decisivo: Gondry (r)esiste.

→ Monografia Tascabile: Michel Gondry

In Be kind rewind la sospensione dell’incredulità si riappropria dell’intensità dello stupore infantile, lameraviglia- sentimento fugace e istantaneo- si emancipa dalla malia dell’attimo per farsi motore incessante, propulsivo. E’ la meraviglia dell’illusione, del voler lasciarsi incantare nonostante tutto, del credere agli slittamenti dell’impianto realista verso l’immaginifico, spostamenti cristallizzati in fulminanti intuizioni oggettistiche o in snodi narrativi lontani dalla verosimiglianza. Cinema che mostra letteralmente la propria anima, la propria costruzione come quella degli sweded moviee altrove la fattura degli artefatti: la credulità si fa atto radicalmente consapevole, necessita che la meraviglia si riavvolga sino all’innocenza fanciullesca, ne ritrovi la primigenia intensità. Be kind rewind rivela così la propria trama nascosta, palesando le riconoscibili marche autoriali, mostrando la mano del demiurgo nella gestione dei livelli dimensionali e temporali (il documentario su Fats Warrel, alternato alle vicissitudini dei protagonisti, risulta essere prodotto dagli stessi nel finale), infine dilettandosi esplicitamente nel ribadire la propria natura finzionale (Jerry, magnetizzato, interferisce con Be kind rewind stesso). Il trucco c’è: che si veda, che sfidi l’immaginazione, che per paradosso stimoli e amplifichi la credulità. La radicalità di Gondry si addensa nello sguardo, l’empatia si contratta direttamente con lo schermo, con la totalità della messa in scena: incapaci di mediare l’ingresso dello spettatore nel film, i personaggi si rivelano nient’altro che figure delineate per strappi, con noncuranza nella descrizione dello sviluppo, prediligendo alla verosimiglianza del percorso psicologico un’elementare giustapposizione emotiva, dal prima al dopo evitando zone intermedie, spazi in cui maturare un sentire. Né guide, né filtri, semmai altrettanti elementi del gioco.
Be kind rewindbe kind remind, riavvolgere per ricordare. Ritornare bambini, regredire per resistere.
Ovvio che la commedia non possa che essere demenziale: così vuole la regressione ¹.
Nel finale à la Capra, il film diviene mezzo salvifico, ma il territorio rimane, purtroppo, quello di un’infantile illusione.
Insieme alla gioia il dolore del cinema.

Riallacciandomi a quanto osservato da Pacilio e Sangiorgio, vorrei porre l’accento su un aspetto meno urgente del film, ma non per questo meno strutturante: la manipolazione dei ricordi. Come in Eternal Sunshine (a testimoniare la profonda “gondryanità” di tale aggregazione tematica) la risoluzione del confitto tra realtà e desiderio passa attraverso l’alterazione della memoria (là individuale, qui collettiva). Gondry sembra dirci (e lo fa enunciare più o meno testualmente alla signorina Falewicz): “il passato mi/ci appartiene e posso/possiamo modificarlo”. L’esaltante scorrettezza dell’affermazione è tanto più esatta quanto più entra in risonanza con la componente “meta-” del film: l’immaginario cinematografico sedimentato e incasellato (le videocassette disposte sugli scaffali in ordine alfabetico) è il nocciolo duro da riplasmare, possibilmente sbertucciandolo (la parodia spinta) e ridimensionandolo (la durata ridotta degli sweded movie), rifacendolo insomma a misura d’uomo (film con “cuore e anima” come ripete il personaggio di Mia Farrow, figura deliziosamente stralunata tra la spettatrice e la sceneggiatrice). La scelta di campo di Gondry va dunque oltre il “fare cinema” per investire il ruolo dello spettatore e riattivarne l’immaginazione: una scossa sabotatrice alla centrale di immagini filmiche che ne vincolano e bloccano la fantasia. La politicità di Be Kind Rewind evidenziata da Pacilio si salda così alla meraviglia permanente messa in luce da Sangiorgio: cancellare il nastro della memoria collettiva e riscriverlo altrettanto collettivamente (come il fakumentary su Fats Waller esemplifica alla perfezione) è gesto meravigliosamente politico. Ma l’appello a smarcarsi dalla tirannia visiva dei blockbuster esce dalla finzione del film (vedi le interferenze che si propagano alla pellicola che noi stiamo vedendo) e raggiunge i nostri occhi, la nostra centrale elettrica: un assalto a un immaginario fossilizzato da reinventare integralmente, restituendogli "anima e cuore". Lode alla menzogna, dunque, se questa coincide con la rigenerazione dell'immaginazione. Smagnetizzare, improvvisare, reincidere: la contraffazione al potere.