Azione, Recensione

BATTLE ROYALE II – REQUIEM

Titolo OriginaleBatoru rowaiaru II: Chinkonka
NazioneGiappone
Anno Produzione2003
Genere
Durata134'

TRAMA

Nanahara Shuya, superstite del programma governativo Battle Royal, è ora a capo di un gruppo terroristico, i Wild Seven, che attacca la città di Tokio. Il governo risponde lanciando un nuovo programma che recluta una classe di diplomati delle scuole superiori affinché parta in una missione che sgomini i terroristi.

RECENSIONI

I superstiti del primo capitolo combattono il governo a colpi di attentati (e due grattacieli gemelli crollano nell'apocalittico inizio), rivendicano diritti, affermano il loro concetto di pace contro quello decretato "da un manipolo di nazioni" e alla fine sopravvivono. Scene di azione frenetiche (lo sbarco sull'isola sotto il tiro dei cecchini), un sequel che inizia come un remake ma che prende tutt'altre strade (lo scopo del gioco - sgominare i terroristi insediati nell'isola - viene sovvertito dai partecipanti coatti, che si aggregano alla banda isolana contro il sistema), paralleli con la realtà attuale di spudorata evidenza (non manca un elenco delle nazioni bombardate dagli USA negli ultimi decenni), truculenza di prammatica, una certa prolissità riscattata da una varietà di soluzioni omicide che mancava al primo capitolo, in quello che si pone come rinnovato atto d'accusa al mondo adulto nipponico che ha scelto di seguire un Paese (indovina quale) nella sua politica di sopraffazione. Forse il più spudorato, sfrenato, esplicito film antiamericano a larga diffusione uscito dopo l'11 settembre, quasi (quasi senza quasi) un'apologia del terrorismo e delle sue istanze. Imperdibile e inesportabile per le medesime ragioni: l'inedita prospettiva e la coraggiosa uncorrecteness con la quale Fukasaku (e suo figlio che ha concluso il film) esce dal coro.

Ne resterà soltanto uno II

Il successo e le polemiche suscitate dal primo film hanno spinto il regista Fukasaku Kinji a cimentarsi nel seguito, già nelle intenzioni suo testamento cinematografico (il regista era già gravemente malato di cancro alla prostata a inizio riprese e il film è stato ultimato dal figlio). Del capostipite conserva l'idea di partenza (tanto che all'inizio si pensa più a un remake che a un sequel) ma non ne mantiene la compattezza narrativa e la potenza visiva. Si moltiplicano a livello esponenziale botti ed esplosioni ma le tante morti previste dal gioco al massacro "Battle Royale" non godono di alcuna inventiva, fondando i loro presupposti unicamente sull'accumulo. L'unica trovata è quella del collare esplosivo a coppia (chi muore fa uccidere anche il compagno a cui è stato assegnato). Per il resto la violenza si ripete nella totale assenza di fantasia. Dopo una prima parte fotocopia, la seconda affianca all'intrattenimento un'ideologia coraggiosa che condanna senza tanti preamboli l'America e le sue connivenze politiche con i regimi dittatoriali, ma la grana è grossa e lo spunto si fa apprezzare unicamente per l'audacia con cui sfida i potenti del mondo. Tra l'altro è forse la prima volta dopo l'"11 settembre" che una fiction mostra grattacieli abbattuti da terroristi. Meno riusciti anche i personaggi, più esagitati e caricaturali, a partire dal nuovo professore che risulterebbe una macchietta pure in un cartone animato per bambini. Anche la tecnica, accelerando le sequenze di azione e sgranando il risultato, scimmiotta con poca verve i videoclip. Ma l'azione è confusa, il look "new barbarians" dei terroristi imperdonabile, le lungaggini si sprecano e l'impatto finisce per risultare da routinario action-movie.

Dies Irae

(In?)evitabile sequel di BATTLE ROYALE, realizzato quasi del tutto (salvo il primo giorno di riprese) dal figlio di Fukasaku, Kenta [con ri(n)tocchi kitaniani, a quel che sembra], BR II è, nella prima mezz’ora, un remake del primo episodio in cui, tolti un ritmo spigliato e qualche dettaglio divertente (il gioco delle coppie fra i concorrenti), c’è poco da segnalare. L’alleanza fra i due gruppi di ragazzi (i saggi ribelli e le ignare vittime governative) segna l’inizio di un banale action thriller: la macchina infernale dei decessi (il punto di forza di BR) è messa in ombra dalle argomentazioni tramiche [la violenta (e non immotivata) critica alla politica estera dell’attuale amministrazione americana], la messinscena ristagna in un’ordinaria apocalisse postmoderna, il trionfo conclusivo è più trash che kitsch. Il REQUIEM in onore di Kinji Fukasaku rimbomba senza avvincere e stordisce senza commuovere.