Commedia, Recensione

BARA CON VISTA

Titolo OriginalePlots with a View
NazioneU.S.A./Gran Bretagna
Anno Produzione2002
Genere
Durata94'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

In un paesino del Galles, la rivalità tra due imprese di pompe funebri, quella del tradizionale Boris e quella dell’eccentrico yankee Frank, finisce per intrecciarsi con l’infelice matrimonio di Betty e l’amore segretamente corrisposto tra lei e Boris.

RECENSIONI

Il matrimonio si sa è la tomba dell’amore. Ma l’equazione, galeotta è la malizia di questi tempi, non vuole essere risolta così facilmente. Quindi perché non integrarla con un altro binomio sempre alla moda: l’amore e la morte (quella vera). Ci aveva già provato il cinema inglese. Con Quattro matrimoni e un funerale l’eterno rebus dell’amore era disintegrato, e insieme riforgiato in una nuova formula, attraverso la moltiplicazione dei rapporti e delle cerimonie, mentre alla morte toccava in sorte il funerale della coppia gay. Ma la rappresentazione della vita passava anche attraverso un’altra cerimonia, quella della messinscena della morte come amore per la vita (e per il denaro) in un altro successo inglese anni ’90: Svegliati Ned. E funerali e matrimoni si prestano bene agli equivoci del cinema comico (non solo British) quando vuole significare il disorientamento ( e insieme il "disingaggio") sentimentale della società contemporanea (Tre amici, un matrimonio e un funerale). E allora non ci resta che seguire le vicende di matrimoni abortiti dalla vitalità dell’avventura sessuale (La cosa più dolce) oppure vilipesi dall’invasione del kitsch (Il mio grosso grasso matrimonio greco, Monsoon wedding). D’altro canto, però, Bara con vista è un film inglese (anche se in origine era stato ambientato negli States), e l’Inghilterra è la patria di Shakespeare. L’amore non è sempre stato, d’altronde, corredato da un destino tragico di morte nella storia dei classici? In Giulietta e Romeo erano le convenzioni sociali a costringere l’amore all’unica forma di consumo possibile: giacere insieme nella morte. E se oggi come oggi suonerebbe un po’ melodrammatico, alla morte, ci resta sempre l’alternativa della messinscena della morte. Insomma puro stile British Commedy. Il film di Nick Hurran gioca proprio con la forza autoreferenziale del cinema postmoderno, insieme all a forza devitalizzante che il gusto contemporaneo produce sui classici intramontabili. La formula prescelta questa volta è la favola comica. La favola è quella dell’incantevole paesino dimenticato dal mondo (nell’incontaminata campagna del Galles), in cui il destino del tipico amore non confessato finisce per realizzarsi attraverso una serie di personaggi e situazioni strampalate e grottesche. La comicità è quella dei luoghi comuni: cioè degli spazi (fisici e comportamentali) denotati da un forte senso sociale. Frederick Ponzlov combina sapientemente i termini dell’equazione, finendo per realizzare un perfetto grottesco dei luoghi. La figura dell’innamorato, luogo classico del romanticismo sdolcinato, è associata alla figura del becchino, luogo classico di antiromantici scongiuri, mentre l’innamorata nella sua fuga finisce (per amore) in una tomba, proprio per uscire dall’altra tomba d’amore (il matrimonio). La storia della concorrenza tra le due imprese di pompe funebri (con annesso il catalogo di folli esagerazioni sul tema) è invece, purtroppo, debitrice dell’attuale passione americana per il kitsch a tutti i costi, ed è l’aspetto del film che diverte e convince di meno (a partire dall’improbabile mise di Christopher Walken). Il gioco dei ruoli orchestrato dal film di Hurran è proprio la sua chiave di lettura principale: la favola come rappresentazione della vita a lieto fine, dove tutti i personaggi recitano una rappresentazione di sé (la moglie è amante, l’amante è la segretaria, il traditore è il devoto marito…), dove ogni aspetto della vita reale è finto (nel senso che finge qualcosa ma rimanda ad altro) e si finisce a credere volentieri alla finzione da talk show televisivo, ma soprattutto dove la morte esiste più come messinscena che come evento luttuoso, e il coronamento dell’amore è una crociera d’amore in rotta verso Tahiti. La favola di Nick Hurran è una rappresentazione di tutti i luoghi comuni della vita ma senza la verosimiglianza della vita. Evidentemente non ha letto On fairy stories di Tolkien.