TRAMA
Ava uccide per professione e lo fa bene, ma ultimamente fa troppe domande. Eliminarla si rivelerà più complicato del previsto.
RECENSIONI
Ci si prova a seguire il percorso di Ava, killer professionista con problemi di coscienza e un passato di incomprensioni familiari. Ma la buona volontà con cui Jessica Chastain interpreta il personaggio non è sufficiente a dargli risalto. Un po’ perché nonostante la diligenza, l’impegno e l’espressività dell’attrice si fatica a vederla credibile nella parte (la sensazione è quella della bimba che indossa gli abiti dei genitori per sembrare grande), ma soprattutto perché le premesse standard si perdono in sviluppi di poco interesse. Poteva essere la solita spy story giocata sull’appeal visivo o sulle iperboli narrative, invece il film sembra ambire a qualcosa di più; prova infatti a cavalcare gli stereotipi del genere puntando allo scavo dei caratteri, quello della protagonista in primis. Fino a quando i binari sono quelli dell’ovvietà (una missione andata male, una spia diventata scomoda, qualche testa da far saltare, le rese dei conti) l’atmosfera, grazie soprattutto alle suadenti sonorità elettroniche di Bear McCreary (l’unica cosa che rimane a fine visione), alla gestione degli spazi, alla luce con cui si valorizza il paesaggio autunnale di Boston, riesce a farsi se non proprio perturbante comunque fruibile. Il deragliamento si ha quando lo spy-thriller incontra il dramma familiare, perché non si va oltre alla somma di sfighe, senza che nulla di ciò che accade riesca però a rivelarsi plausibile o coinvolgente.
Le coordinate del racconto prendono infatti una piega troppo infarcita di luoghi comuni (la sorella loser, l’ex fidanzato dipendente dal gioco, la madre malata, la bisca clandestina), soprattutto con poco valore aggiunto ai fini del racconto e con il malcelato intento di riempirlo, anche nelle derive più nere. Non che gli altri regolamenti di conti grondino spessore, ma perlomeno si infilano tra le pieghe del genere senza brillare ma nemmeno stonare. Si finisce così per girare un po’ a vuoto verso la quadratura del cerchio, in attesa che un colpo di pistola, qualche sganassone coreografato senza particolare brio e dialoghi che antepongono l’effetto al contenuto, concludano la vicenda. Ed è proprio l’assenza di estro e personalità, fondamentale per raccontare una storia tritissima, il punto debole del progetto. Non hanno probabilmente aiutato le vicissitudini esterne allo schermo, con Matthew Newton (rimasto come sceneggiatore) sostituito dall’inerte Tate Taylor (sue le non memorabili regie di The Help, La ragazza del treno e Ma) a causa di molteplici accuse di aggressione e violenze domestiche (non sono mancate critiche anche alla Chastain, in veste di co-produttrice, per il conflitto con il suo ruolo di paladina del movimento “Me Too”). Sprecato il ricco cast che vede affiancare Colin Farrell e John Malkovich a due attrici che non vediamo da un po’, ma Geena Davis sembra provenire dal set di una sit-com e Joan Chen da uno spin-off su una triade di Shangai. Inevitabili i confronti con Atomica bionda, ma Ava ne esce sconfitta su tutti i fronti.