Documentario, Recensione

AUSCHWITZ 2006

NazioneItalia
Anno Produzione2007
Durata50

TRAMA

Nato nel 2006 dalla volontà congiunta del sindaco di Roma e della Comunità Ebraica di far visitare Auschwitz a 250 studenti della capitale, portati così a interagire con le testimonianze verbali di alcuni sopravvissuti all’inferno del lager, il documentario di Saverio Costanzo alterna la scoperta di questa allucinante realtà da parte dei ragazzi, con immagini di repertorio dell’Istituto Luce.

RECENSIONI

I sommersi e i salvati

Auschwitz 2006, ovvero quando persino un Veltroni sa rendersi utile… Fatta questa premessa, e cioè che nel corso della Festa del Cinema la volontà di impegno civile e sociale espressa a tratti dai selezionatori - si suppone con la benedizione fatta pervenire dalle alte sfere - non sempre è apparsa così convinta e sincera, va detto che il documentario di Saverio Costanzo ha fugato gran parte dei dubbi sulla genuinità dell’operazione, assolvendo senza forzature retoriche o banalizzazioni al suo valore testimoniale.
Continua a sorprendere per serietà e rigore l’opera del giovane cineasta, che aveva già ben impressionato coi precedenti Private In memoria di me. Questo suo documentare il viaggio verso Auschwitz di 250 liceali romani, chiamati ad approfondire in loco una pagina di storia dolorosissima, riesce con assoluta semplicità a rendere tangibile la memoria, grazie al montaggio scrupoloso delle tristi immagini recuperate attraverso l’Istituto Luce e delle scene in cui gli studenti incontrano alcuni dei sopravvissuti all’Olocausto. Può sembrare superfluo sottolinearlo, ma sentire questi uomini e donne che raccontano alle nuove generazioni la loro allucinante esperienza, nonché quella di coloro che da lì non sono mai tornati, è un qualcosa che non fa stare comodi sulle poltrone.
Saverio Costanzo ha inoltre il merito di relazionarsi ai protagonisti di tale confronto dialettico, senza che loro sentano eccessivamente il peso dell’obiettivo durante gli incontri; con l’eccezione di quei momenti stranianti, costituiti dalle inquadrature fisse dei singoli partecipanti alla spedizione, messi in posa di fronte allo sfondo cupo dei blocks e dei reticolati di Auschwitz. Quasi un modo per affermare che la consapevolezza di quanto accadde lì è ormai un patrimonio comune, da condividere tra coloro che ne hanno avuto esperienza diretta e coloro che si ostinano a volerne conservare la memoria.

                                                         Stefano Coccia