Recensione, Religioso

ATTO DI PRIMAVERA

Titolo OriginaleActo da Primavera
NazionePortogallo
Anno Produzione1963
Genere
Durata94’

TRAMA

Il villaggio di Curalha si prepara a mettere in scena la passione di Cristo.

RECENSIONI

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Dopo un silenzio di quasi quattordici anni, De Oliveira approda al secondo lungometraggio, una rappresentazione sacra ad opera dei contadini, basata su di un testo tardo-medievale (XVI secolo, di Francisco Vaz de Guimarães). Dopo l'esordio (semi)realistico e vari documentari, l'autore celebra, per la prima volta, la "teatralità", in quanto (parole sue) “Il cinema è un documento di una finzione”. Ecco perché, in apertura, assistiamo ai preparativi della messinscena, con tanto di troupe cinematografica in campo: lo "spettacolo" inizia (al pozzo) senza preavviso, dopo un entr’acte grandioso fra montaggi paralleli, timbri spogli di tamburi e lo sfoggio di una splendida tavolozza cromatica di pastelli accesi (De Oliveira, nel 1955, compì degli studi appositi in Germania sull'impiego del colore). Riportare Dio fra la gente, far sì che la Messa sia vera, vissuta e non rituale, che il cinema mostri se stesso e pretenda un tipo di recitazione caricata (quasi insopportabile la lagnosa litania del Gesù), evitando, di conseguenza, l'identificazione dello spettatore con i personaggi: idee rivoluzionarie parallele alla Nouvelle Vague e al cinema di Pasolini (il cui spoglio del sacro, invero, raggiunse risultati nettamente superiori: La Ricotta, Il Vangelo secondo Matteo). Peccato che la pellicola si limiti, in seguito, a filmare una "recita scolastica": avesse continuato ad alternare messinscena e riferimenti alla contemporaneità, ci troveremmo di fronte ad un capolavoro e non ad un esercizio di stile, ad una mera riflessione sul linguaggio, ad un documentario non-documentario in quanto messinscena, prima di tutto, del regista e non del popolo. Non resta che sorbirsi con noia tutta la Passione di Cristo, recitata in versi, con qualche variante rispetto al Vangelo, ma senza "passione". Il finale riprende il volo, accantona un'ora e più di teatro contadino filmato, e riafferma la valenza terrena del sacro, con il messaggio (in bianco e nero) che il Cristo in croce è l'uomo tradito, frustrato e ucciso nelle guerre e nelle miserie terrene.