Drammatico, Polar, Recensione

ASCENSORE PER IL PATIBOLO

Titolo OriginaleAscenseur pour l'échafaud
NazioneFrancia
Anno Produzione1957
Durata88'
Tratto dadal romanzo omonimo di Noël Calef
Fotografia
Montaggio

TRAMA

Parigi, venerdì, ore 19. D’accordo con l’amante Florence, Julien Tavernier, ex paracadutista reduce dalla guerra d’Indocina attualmente impiegato nella compagnia del potentissimo Carala, uccide il datore di lavoro (nonché marito di Florence) inscenandone il suicidio. Il piano è perfettamente congegnato, ma una sciocca disattenzione (una corda dimenticata sul parapetto dell’ufficio) costringe Tavernier a tornare all’interno dell’edificio mentre il portiere sta per disattivare la corrente e chiudere il palazzo. Tavernier resta bloccato nell’ascensore, Florence lo attende invano al solito caffè.

RECENSIONI

Struggente meditazione sul binomio Amore e Destino in chiave noir, Ascensore per il patibolo è il primo lungometraggio di Louis Malle, giovane operatore (classe 1932) specializzato in riprese subacquee per Jacques Costeau (col quale ha realizzato l'anno prima il blasonato Le monde du silence). Tratto da un romanzo dozzinale di Noël Calef, Ascenseur pour l'échafaud, con la sua risaputa miscela di amore, morte e suspense, potrebbe sembrare un polar convenzionale tanto la progressione drammatica è serrata e incalzante. Tra struggimenti mélo e messinscene suicide, il canovaccio narrativo altro non è che l'ennesima variazione sul tema dell'amore impossibile tra due amanti ostacolati dal fato. Ma è proprio la feroce implacabilità della separazione, magnificata cinematograficamente da un incipit telefonico visivamente vertiginoso, a offrire all'esordiente cineasta l'occasione di piegare il genere verso profondità indimenticabili. Dopo la telefonata iniziale, Florence e Julien (Jeanne Moreau e Maurice Ronet, entrambi in stato di grazia) sono destinati a non comunicare, non condividere gli stessi spazi e non incontrarsi mai, pur essendo accomunati dal medesimo destino.

Paradossalmente questa crudele segregazione apre il film alla deriva stilistica: mentre Julien è irrimediabilmente imprigionato nell'ascensore, Florence lo cerca disperata per tutta Parigi indovinandolo ovunque ma non trovandolo da nessuna parte. Malle - ed è questa la trovata più esaltante della pellicola - filma i due spazi antitetici come luoghi analoghi: la buia cabina dell'ascensore diventa un territorio da smantellare e interrogare come se fosse una scatola cinese, mentre la sfavillante oscurità della Ville Lumière si tramuta inesorabilmente in un contenitore vuoto, privo della sola presenza agognata da Florence. Desiderio e angoscia impregnano indifferentemente i due spazi, facendo dell'uno la cassa di risonanza dell'altro. Il film è diventato celebre per le spaesate camminate notturne di Jeanne Moreau nelle strade di Parigi, rese ancora più lancinanti e astratte dagli assolo della tromba di Miles Davis (inutile ricordare che le musiche sono il frutto di una sola notte di registrazione, durante la quale il trombettista, accompagnato da un sax, un piano, un contrabbasso e una batteria, ha improvvisato davanti alle immagini mute che passavano sullo schermo). Eppure senza la capacità quasi bressoniana mostrata da Louis Malle nel fare dell'ascensore uno spazio cinematograficamente produttivo il film non avrebbe lo stesso equilibrio compositivo.

Sarebbe delittuoso, infine, non mettere in relazione il polar del 1957 di Malle con quello girato l'anno prima da Jean-Pierre Melville: Bob le flambeur. Non soltanto entrambi anticipano e spianano la strada alle intemperanze stilistiche della nascitura Nouvelle Vague, ma i due film sono strettamente legati dalla presenza di Henri Decaë, che della Nouvelle Vague sarà il direttore della fotografia per eccellenza. Si può tranquillamente affermare che Ascensore per il patibolo è il controtipo negativo del polar melvilliano: se in Bob le flambeur Melville e Decaë immergono Montmartre e Pigalle in un'aura crepuscolare dal sapore diffusamente nostalgico, in Ascenseur pour l'échafaud Malle e lo stesso Decaë anneriscono decisamente i toni, dando a Parigi un aspetto tenebroso e angosciosamente minaccioso. Se Bob le flambeur è il ritratto sorridente di una Parigi che abbraccia i suoi figli, Ascensore per il patibolo è il ghigno maledetto di una metropoli che si allea col Destino per separare gli Amanti, ai quali non è concesso che un abbraccio fotografico gravido di conseguenze fatali. "Mais là nous sommes ensemble. Là, en quelque part, réunis".