TRAMA
1937, New Jersey: la matrigna fa sparire un testamento del marito che favoriva i figli, poi con loro intraprende una crociera nel Mediterraneo, meditando di assassinare il suo avvocato che ne condivide i segreti.
RECENSIONI
Quinto di sei appuntamenti cinematografici con l’Hercule Poirot di Agatha Christie interpretato da Peter Ustinov. A garanzia della qualità (è ironico) c’è il marchio produttivo ‘Cannon’ di Menahem Golan e Yoram Globus (immancabili le location israeliane come la casa di produzione), con cui si viaggia sempre in classe economica. Il merito dei risultati, però, è condiviso appieno con Michael Winner, che firma regia, produzione e sceneggiatura (insieme con Anthony Shaffer e Peter Buckman): la drammaturgia è elementare, priva di qualsivoglia raffinatezza, e restituisce una trama oltremodo banale, rendendo un cattivo servizio alla scrittrice; la messinscena è fra le sue più scadenti (la rozzezza del regista funziona solo in certi film), impacciata e spesso inetta, quando non esegue il compito da mera mestierante; la direzione degli attori è inesistente: basti notare quanto risultino spaesate e poco convinte le vecchie glorie ingaggiate con, sulla carta, professionalità da vendere (John Gielgud e Lauren Bacall, inoltre, erano anche sul set di Assassinio sull’Orient Express). Se doveva essere un prodotto di intrattenimento basico, fallisce anche come tentativo mercantile di realizzare un meccanismo di intrattenimento. Giustamente penalizzato dagli incassi.