TRAMA
Scene di lotta di classe in Corsica. Cinque adolescenti di Porto Vecchio trascorrono la notte in una villa abbandonata e rubano oggetti senza valore e due fucili da collezione…
RECENSIONI
Primo lungometraggio di Thierry de Peretti, anche regista teatrale (sua la messa in scena di Le Retour au désert de Bernard-Marie Koltès), Les Apaches comincia come una sorta di versione corsa dell’episodio di Marco e Ciro di Gomorra: il gioco di alcuni scioperati che si trasforma in incubo, armi da fuoco maneggiate come fossero giocattoli. La guerra tra bande che si scatena nel film di Garrone si declina qui in una lotta di classe fatta di colpi bassi, di umiliazioni, di piccoli o grandi problemi da risolvere senza ricorrere alla polizia. Nonostante alcuni evidenti difetti di scrittura e alcuni passaggi a vuoto (i propositi dei giovani ribelli senza causa suonano sovente artificiosi o troppo assertivi), Les Apaches afferma un’idea di cinema forte e chiara, fatta di lenti movimenti di macchina, di panoramiche a seguire annoiate e stanche deambulazioni, di décadrage necessari. De Peretti getta uno sguardo lucido, morale e non moralista sul vuoto di una generazione che non è nemmeno perduta, giacché non si è mai ‘trovata’. E ci regala frammenti di grande cinema naturalista: la notte nella villa disabitata, il pedinamento notturno della vittima sacrificale.
Con lo splendido Jeune & Jolie di Ozon, presentato come l’opera prima di de Peretti a Cannes 2013, Les Apaches forma un ideale dittico “noir” sull’insensibilità e il distacco assoluto. Lasciate ogni speranza voi che (vi) entrate.