TRAMA
Le giornate di un giovane di origine magrebina, in fuga da tutto e da tutti…
RECENSIONI
Racconto di un uomo che aspira al cosmopolitismo, dunque perennemente in fuga, in movimento, onde evitare di finire prigioniero di gabbie identitarie, Andalucia ci parla di una differenza vissuta ed alimentata dal rifiuto di legami familiari e comunitari (Esisto nella MIA differenza), di ritorni inevitabili ed inevitabilmente fallimentari: il protagonista, di origine magrebina, rende visita al padre convertito al cattolicesimo, ritrova gli amici della Cité e si prende gioco del loro cadenza “banlieuesarde”, trascorre la notte in compagnia di altri che, come lui, vivono (a)i margini di Parigi. Ma si sente altro dagli altri, nomade per scelta e per necessità. Dunque, l’unica soluzione possibile sarà l’utopico viaggio in quella che, storicamente, viene considerata la città della stratificazione culturale: Toledo, città cristiana, ebraica, araba. E là, sarà addirittura possibile, per il protagonista, spiccare il volo. Il regista opta per una forma “libera” che risponde, o vorrebbe espressionisticamente rimandare, più agli stati emotivi del suo eroe, ora eccitato, ora triste, che alla logica del racconto lineare, con un montaggio segnato dall’intrusione di frammenti onirici fugaci che rompono la realistica descrizione degli eventi per sfuggire alla semplice denuncia politica rispondente ad un vago “terzomondismo” e diventare discorso umanista sincero e convincente, racconto “umoral-onirico” che colpisce.