Drammatico, Netflix

E DOMANI IL MONDO INTERO

Titolo OriginaleUnd morgen die ganze welt
NazioneGermania
Anno Produzione2020
Durata111'
Fotografia

TRAMA

La Germania è scossa da una serie di violenti attacchi terroristici di stampo razzista. Luisa, vent’anni, si unisce a un gruppo antifascista deciso a contrastare il movimento neonazista in sommossa.

RECENSIONI

Il Festival di Venezia sceglie in concorso il cinema tedesco più popolare e “civile” al contrario, per esempio, della Berlinale che ospita storicamente i grandi autori della scuola di Berlino: ecco allora And Tomorrow the Entire World, film di Julia von Heinze che denuncia il ritorno dei neonazisti attraverso la storia dei loro oppositori, i giovani attivisti dei centri sociali. Per entrare nella massa si sceglie la storia di un singolo, qui Luisa, ventenne che si avvicina a quel contesto e inizia a conoscerlo, esercitando l'antifascismo, innamorandosi di un giovane “compagno”. Ma, prima di tutto, c'è la dichiarazione di intenti: il richiamo iniziale/finale alla Costituzione che, prima di partire, chiarisce con esattezza cosa stiamo per vedere. Sarà un film civile, un allarme etico, un film dalla “parte giusta”. Il tema è alto e importante, perfino “delicato” se si considera che il cinema tedesco fa i conti col neonazismo dall'interno, con una sua produzione, che già sulla carta ha sapore particolare perché il “ritorno” avviene proprio su un territorio segnato dal noto passato storico-politico (e vedere hitleriani in Germania oggi fa una certa impressione). Questo lo si riconosce all'operazione della regista, ma purtroppo poco altro: il racconto denuncia un difetto di sceneggiatura che non approfondisce le situazioni anzi, rinuncia al tratteggio psicologico che per delineare questioni politiche sarebbe importante (per esempio: perché i giovani diventano neonazisti? Perché gli altri sentono il dovere di opporsi?). Il film si affida invece a una scrittura in automatico che avanza per scontri, tresche, tradimenti, amori giovanili come qualsiasi melodramma medio, che però ha l'ambizione di raccontare un “mostro” dell'oggi. Va poco meglio nel reparto visivo: la regista prova a suggerire la concitazione della guerriglia urbana ma trova al massimo l'inquadratura mossa, concitata, irregolare che non è mai una vera e propria ricerca sulla/della immagine, a conti fatti poco più che televisiva. La questione che domina la parte centrale, se rispondere democraticamente o usare la violenza con i violenti, è poi il solito “cruccio” di ogni movimento che ovviamente si spacca, ma sempre in modo granitico e meccanico, con fazioni chiare ed elementari. La chiusura infine aggiunge un'altra provocazione, stavolta anti-Stato: i razzisti prosperano mentre le autorità se la prendono con gli altri. Ma, oltre le singole parti, sul film va fatto un discorso complessivo: esempio di cinema civile medio in sé neanche disprezzabile (è stato troppo stroncato), soffre la sua presenza nel concorso veneziano dove è fuori luogo, non proponendo alcuna idea di cinema né pratica sull'immagine, insomma niente di “nuovo”, adagiandosi nella più comoda categoria del “cinema vecchio”.