Commedia, Recensione

ANASTASIA (1956)

NazioneU.S.A.
Anno Produzione1956
Genere
Durata105’

TRAMA

Parigi: ripresasi da un’amnesia, una donna potrebbe essere Anastasia Nikolaevna, figlia dello zar di Russia, sfuggita allo sterminio della sua famiglia. Un generale compatriota mira alla sua eredità milionaria, membri della famiglia imperiale la incontrano per assicurarsi della sua identità.

RECENSIONI

Lo scheletro lo fornisce il dramma teatrale francese di Marcelle Maurette (adattato per Broadway da Guy Bolton), ma le radici di questa “leggenda metropolitana” sono vari fatti di cronaca post-rivoluzione sovietica, secondo cui molte impostore cercarono di farsi passare per Anastasia: lo sceneggiatore Arthur Laurents e il regista ucraino Anatole Litvak (che, non per niente, conquistò Hollywood con l’amore regale di Mayerling) piegano il materiale alle ragioni divistiche hollywoodiane, componendo da un lato quello che era un tipico film “alla Yul Brynner” (ruoli, spesso basati su figure storiche scomode e realmente esistite, dove l’apparenza e il pregiudizio vengono smentiti dai fatti, soprattutto “seduttivi”) e, dall’altro, un veicolo per la star femminile di turno, una Ingrid Bergman che, figlia prodiga nella Mecca del Cinema dopo la fase scandalosa e “ribelle” rosselliniana (ma si gira in studio in Inghilterra, con capatine a Copenaghen e Parigi), vinse l’Oscar per la sua superba interpretazione. Il film, che mantiene una messinscena teatrale, privilegiando poche ambientazioni e concentrandosi sulla recitazione, si gioca sul melodramma, la commedia sentimentale e il mistero sulla vera identità della protagonista (da citare, per intensità drammatica, l’incontro con la “nonna” di Helen Hayes), glissando abilmente sulla sua soluzione in nome dell’amore favolistico da Cenerentola e della centralità dell’Io sul ruolo.