TRAMA
Anni 60. Jenny ha sedici anni e vive nei sobborghi londinesi. L’incontro con il trentenne David cambia la sua vita.
RECENSIONI
Nick Hornby non mi piace. Non sopporto il suo stile compiaciuto, il suo ammicco superficiale, la falsa modestia del suo velato salire in cattedra, tutto il moralismo sottinteso al suo narrare, il non interrogare mai la realtà, il suo affermarla di continuo. Questione di puro gusto, ovviamente, che mi ha portato a mollare l'ultimo romanzo, per esempio, dopo pochi capitoli. Ma una cosa mi sento di concedergliela, una cosa non da poco: quando le indovina, le storie riesce a farle funzionare e a farvi agire personaggi convincenti, molto ben disegnati.
Questa particolarità emerge chiara al cinema, laddove gli adattamenti delle sue novelle si fanno forti di questa caratteristica, mettendo in sordina gli elementi più irritanti del suo scrivere. An education diventa allora un banco di prova, visto che lo scrittore vi figura per la prima volta come sceneggiatore e alle prese, per giunta, con un soggetto non originale, le memorie della giornalista Lynn Barber.
Il tocco di Hornby lo si sente fin dal titolo che gioca sul diverso significato che, dalla storia, possiamo attribuire al termine education (che vuol dire istruzione, non educazione): come il ragazzo di About a boy è nello stesso tempo sì l'adolescente protagonista, ma anche (se non soprattutto) l'adulto che non vuol crescere e che al primo impartisce lezioni di vita, così come l'Alta Fedeltà è sì quella degli apparecchi stereo che pompano musica, ma anche quella amorosa, allo stesso modo l'istruzione alla quale qui ci si riferisce è nello stesso tempo quella scolastica, con i suoi codici, le sue regole, i suoi schemi rigorosi, e quella alla vita libera e piena che la protagonista Jenny sogna e che il trentenne David sembra spalancarle davanti come una tentazione nella quale è difficile, per un'anima curiosa, non precipitare.
Il merito maggiore del film è quello di porre la materia narrativa in una prospettiva ambigua e poco conciliante: ingannevole, allora, è l'istruzione scolastica, soffocata dalla inflessibilità moralistica dell'istituzione che la propugna; ingannevole è l'istruzione familiare che appare volta alla mera sistemazione della protagonista (per cui Oxford va bene, ma un marito agiato va anche meglio), mai considerando le sue legittime aspirazioni e inclinazioni; ingannevole è l'istruzione alla bella vita, fatta di mollezze e piaceri raffinati, ottenuti anche attraverso odiosi sotterfugi; la formazione amorosa, poi, si rivela la madre di tutti gli inganni, che porta alla luce la lacerazione interna, inducendo la protagonista alla revisione di tutti gli aspetti che precedono, alla verifica della debolezza della loro tenuta, alla messa in discussione delle proprie scelte dettate dal sostanziale fallimento delle varie e interessate educazioni ricevute.
Il film dimostra sottigliezza soprattutto nel modo in cui fa emergere l'equivocità dei temi in gioco e, in rapporto con essa, il carattere dei protagonisti: Jenny, una ragazza brillante che ama la bellezza e ne conosce il valore teorico, ma che di fronte all'aspetto pratico del suo goderne, complice la sua giovane età, si lascia trascinare in un gioco adulto per il quale non è ancora all'altezza; David, il trentenne che seduce non solo la ragazzina, ma anche i suoi genitori, il cui entusiasmo non significa ingenuità, ma quasi patologia, come il finale ci svela; i genitori di Jenny che, ciascuno frustrato a suo modo, dipingono la figlia come piace a loro e mai si pongono il problema di chi sia e di cosa desideri davvero, incarnazione di una classe persa nel suo ipocrita ed opportunistico modo di considerare le cose. Ogni istruzione che viene impartita alla giovane - sia essa scolastica, familiare, civile, sessuale, morale (e immorale) - sembra soggiacere a logiche per le quali l'affermazione di Jenny come individuo senziente e pensante è poco più che incidentale, logiche che si sgretoleranno quando, scottata da tutto, finalmente la protagonista farà la cosa che sente giusta per sé. Temi interessanti e che danno senz'altro sostanza alla storia che si sviluppa, però, all'interno di un film piuttosto ordinario nella loro trattazione, che procede meccanicamente, che non concede spessore drammatico ai risvolti delle vicende messe in scena (ché pure lo richiedevano a gran voce), che si pregia di un stile anonimo e spento di una regista che si mimetizza dietro la narrazione, che non vivacizza la materia, ma a tratti un po' l'ammorba, un film solo in parte riscattato dalle ottime prestazioni di tutto il cast.