Recensione, Spionaggio

AMORE E MISTERO

Titolo OriginaleThe Secret agent
NazioneU.K.
Anno Produzione1936
Durata83’

TRAMA

Uno scrittore, in Svizzera, s’accompagna con un killer messicano e una donna che finge di essere sua moglie: sono tre agenti segreti, nel paese per scovare una spia e ucciderla.

RECENSIONI

Un Hitchcock con tutte le credenziali in regola: una produzione della Gaumont in cui il fido sceneggiatore Charles Bennett (insieme dal 1929 di Blackmail, a seguire cose come L’Uomo che Sapeva Troppo, Il Club dei 39 e Sabotaggio) adatta il lavoro teatrale di Campbell Dixon (che, a sua volta, prendeva le mosse da due racconti di Maugham), consegnando un racconto che parte come una commedia con dialoghi e situazioni frizzanti (divertenti gli approcci di Robert Young a Madeleine Carroll: ovviamente gli ammiccamenti più frequenti sono di stampo sessuale, del tipo “Coniugale è sinonimo di lussurioso”) per passare, senza soluzione di continuità e in modo quasi impercettibile, al thriller d’azione (al solito, con sublime tecnica espressiva al servizio della sequenza: quella nella fabbrica di cioccolato, quella sul treno…) e film psicologico con angoscioso dubbio (da antologia il montaggio parallelo del primo assassinio con le esagitazioni del cane) che riserva (come sempre) una posizione scomoda alla figura femminile, ipocrita spia per gioco, che si fa scrupoli a uccidere in piena guerra e trascina dalla sua parte il protagonista. Quella che dovrebbe, cioè, essere la figura più temibile del film, il killer messicano, il sadico donnaiolo interpretato da Peter Lorre (ancora con Hitchcock per un’altra maschera indimenticabile), viene resa dal regista, in modo ambiguo, come buffa e divertente, sottolineandone il ruolo ingrato (è riservato a lui tutto il lavoro sporco, per la buona coscienza della delicata coppietta). Sottovalutato (non ebbe successo), anche se non tutto è perfetto (perché fa quella fine il messicano?). Inizia con un funerale e finisce con la propagandistica “Victory”. Nessun cameo di Hitchcock.