Drammatico, Recensione

AMERICA OGGI

TRAMA

Nove storie ed un’infinità di personaggi, di varie estrazioni sociali, differente educazione ed intelligenza si intrecciano, sfiorano e colpiscono a Los Angeles, città assediata da un’infestante mosca mediterranea.

RECENSIONI

Non si può certo dire che l'ottimismo sia una delle qualità di Altman ma in questi suoi Short Cuts (America Oggi), presentati in concorso a Venezia nel 1992, arriva ad essere sanguigno e quasi repellente nel tratteggiare personaggi volutamente stupidi, miseri, bacati. Raccontare la trama sarebbe lungo e in più sminuirebbe la visione, tanto il film si regge su di una sceneggiatura dettagliatamente articolata, un'armatura ferrea su cui si dimenano simboli, purtroppo non uomini, scorie negli atteggiamenti e posture fisiche come psicologiche di quel sogno americano la cui morte ormai ci ha annoiato quanto il racconto di essa. Se per Raimond Carver, autore dei racconti all'origine di America Oggi, lo scrivere, prima d'essere affermazione d'arte, era più prosaicamente una fuga dalla nevrosi_ questo non però a pregiudicare un valore letterario indubbio, rude nel taglio quanto doloroso negli uomini che descrive_ Robert Altman è invece regista che si è sempre caratterizzato per il sense of humor delle sue opere (M.A.S.H., Il Lungo Addio, Nashville, I Compari), capaci di indagare vicende umane minime come complesse corali, in grado di tenere ben salde le redini di numerose storie, riuscendo ad intrecciarle in modo tale che l'insieme fosse un completamento significante delle singole parti. L'incontro tra i due è in fondo però deludente se si guarda il complesso finale: troppo programmatico nell'essere sgradevole, lambiccato nel montaggio forzoso (sembra a momenti voler far rivivere il montaggio-re), scivolato nella costruzione di personaggi esanimi, un campionario culturale e sociale che pur ampio sembra studiato a tavolino ed è in realtà incapace di slanciarsi oltre l'apparenza del bozzetto. In buona sostanza sono tre ore di film, facili da reggere, senza cedimenti retorici e, tanto per parlare chiaro, non certo noiosi ma... non dovete chiedere a tutto questo di essere piacevole: acida e asfittica è l'atmosfera, cinico e straniante lo sguardo. La redenzione è fasulla per i colpevoli - l'omicida (C. Penn) viene scagionato dalla televisione che attribuisce la colpa del suo omicidio al terremoto- la pena per tutti immensa (Jack Lemmon nonno disperato che vuole essere d'aiuto e non fa che parlare di sé). Certamente non perfetto se visto analiticamente e quindi senza cuore, America oggi senza ombra di dubbio è un pugno disperato, forse non preciso ma tale da lasciare un segno.

Presagito dall’antecedente I Protagonisti, segna il ritorno alla notorietà internazionale per Robert Altman, con un ritratto insieme feroce e ironico degli attori della società moderna, riscoprendo l’impianto corale di Nashville, con più personaggi e trame che s’intrecciano e folgorano lo spettatore con continui short-cuts e cambi di scena. La maestria sta, prima di tutto, nell'equilibrio perfetto, senza una sbavatura, fra il tono comico-grottesco-sarcastico e quello tragico/sconsolato, fra l'occhio spietato e quello (im)pietos(it)o, con una rappresentazione pacata, quasi leggera e noncurante di situazioni in realtà spesso estreme (estreme per il senso comune ma maggiormente comuni di quanto si pensi), paradossali e tanto più sconvolgenti quanto più inserite in un contesto di normalità, dentro il film (le varie storie che raccontano di personaggi "comuni") e "attraverso" di esso (il modo disteso, senza sottolineature enfatiche, con cui l’opera le esplicita). La maestria sta nel gioco ad incastri che Altman è riuscito a creare da otto racconti di vita del romanziere Raymond Calver e magistrale è la sua capacità (già nota) di dirigere gli attori: 22 ruoli principali “di nome” (ci sono anche le simpatiche partecipazioni della rockstar Huey Lewis e dello sceneggiatore Buck Henry), tutti perfetti nel disegnare caratteri figli dell'insensibilità, del menefreghismo o dello squallore quotidiano. Come la vita vera, l’opera è deprimente, con drammi che colpiscono come mazzate ma ha anche i suoi piccoli sguardi morbidi, che donano speranza, e fa spesso ridere a denti stretti. Leone D'Oro a Venezia per una pellicola generosa, sequenza dopo sequenza.