TRAMA
1242: i cavalieri teutoni marciano contro la Russia. Il grande condottiero e principe Aleksandr Nevskij è chiamato a guidare le truppe di difesa.
RECENSIONI
Accusato di “formalismo intellettuale” che allontanava il grande pubblico, Eisenstein “rientra” nel programma statale di riesumazione di grandi eroi del passato per esaltare il presente comunista e, nel caso, traslare un passato nemico con quello odierno (nazista). Un kolossal che lo stesso autore considerava la meno personale delle sue opere (era “guardato a vista” dall’aiuto regista Vassilou e dallo sceneggiatore Pavlenko): segna, infatti, una rottura con il suo cinema che sperimentava nel montaggio, nelle inquadrature e nelle “futuribili” simbologie. Il contenuto, rispetto ai suoi standard evocativi, è povero, speso in scene madri, agiografia del principe e toni epici sul coraggio del popolo russo, che rinviene la propria forza nella solidarietà: le decisioni sono prese di concerto con la comunità, i mercanti rinunciano ai loro beni e li distribuiscono, le donne partecipano alle battaglie, i contadini sono determinanti per la vittoria e il materialismo storico si evidenzia nell’ineluttabilità della fine “biblica” dei cattivi inquietanti (ingoiati dal ghiaccio del lago Peipus), senza volto né anima. Ogni singolo elemento del racconto ha una sua schematica impronta politica (propagandistica, manipolatoria): i meschini traditori e sobillatori della fratellanza comunista; la patria sopra tutto; gli eroi che trovano il tempo di ridere, pensare all’amore, dove i cupi nemici sono solo crudeli (i prelati che gettano i bambini fra le fiamme: sequenza censurata in Italia); i fanti avversari risparmiati in quanto “fratelli” del popolo. Era arduo per Eisenstein, in questo contesto, rifugiarsi come in passato nel linguaggio figurativo d’avanguardia che pone semanticamente il contenuto in secondo piano, ma il suo genio ne esce vittorioso: privilegiando i quadri corali, si reinventa nella composizione di figure plastiche e pittoriche magnificenti (i campi lunghi all’inizio, con l’arrivo dei mongoli), di costumi e scenografie, restituendo a imperitura memoria icone indelebili (ad esempio l’idea dei nemici, crociati per la Chiesa, insistentemente ammantati del colore bianco del Bene), geometrie strabilianti (solo nelle “disumane” strategie militari nemiche), lanciandosi, infine, in una gigantista e suggestiva battaglia nel ghiaccio (artificiale!) di mezz’ora. E non c’è scelta di montaggio e punto di inquadratura che non sia simbolica (frequente lo stilema di riprendere da lontano, e con camera rasoterra, i soldati, per dare ¾ di spazio a un cielo che estrapola gli eventi dalla contingenza materiale e storica, assurgendoli ad allegoria universale). Strabiliante anche il commento musicale di Prokofiev che, amalgamato alle immagini, crea una potente sinfonia cinematografica.