Commedia, Recensione

AGENTE SMART – CASINO TOTALE

TRAMA

L’Agente 86 della CONTROL è chiamato a sventare il diabolico piano della KAOS, fatto di malvagità gratuita e armi nucleari. Non proprio originalissimo, ma è un film “da ridere” e saremmo dispostissimi a soprassedere. Se facesse ridere.

RECENSIONI

L'originale Agente Smart era, in realtà, Dumb: la vis comica della serie si reggeva molto su questo nomen omen rovesciato e virato a ossimoro. L'Agente Smart di Steve Carell è invece un sacco di cose, spesso in contraddizione tra loro (metodico/approssimativo - imbranato/atletico e così via) ma sicuramente non è l'adorabile idiota interpretato da Don Adams. Non sono buone premesse, e non solo perché trasgredire così radicalmente il proprio punto di riferimento, teoricamente vincolante, pare privo di logica: il punto è che l'assenza di personalità del protagonista inquadra e fagocita tutto il film di Peter Segal. Sintetizzando: 1) Get Smart, come si è già anticipato, non è un fedele omaggio al noto serial datato 1965; 2) Get Smart non è un efficace aggiornamento di quel serial 'dalla guerra fredda al terrorismo' perché ha una sceneggiatura troppo sciatta e sfilacciata per intraprendere una direzione precisa e riconoscibile (vedi 3&4); 3) Get Smart non è un 'semplice' film comico perché le gag divertenti non superano le 3 (tre) unità; 3bis) si potrebbe legittimamente obiettare che il concetto di 'gag divertente' è soggettivo, il che destituisce di fondamento il punto 3 tutto. Ma voi fidatevi: in Get Smart si ridacchia non più di tre volte, anche perché' 4) - i momenti schiettamente comici sono pochi e decisamente troppo diluiti in una para-struttura action che prende la forma, di tanto in tanto (in troppo), di inutili sequenze à la 007 che, come il libeccio, lasciano il tempo che trovano. La 'mitica' sigla iniziale (le porte, la cabina telefonica) è riproposta/aggiornata piuttosto degnamente, ci sono alcuni cameo prossimi al 'gustoso' (Bill Murray nella parte dell'Agente 13, come al solito costretto a lavorare in condizioni claustrali) e qualche vecchia conoscenza piazzata lì per ossequio alla ritualità remake-iana (in modo ovvio - Bernie Koppell, il Sigfried originale - obliquo - James Caan, special guest in un paio di episodi della serie - o subliminale - Leonard Stern, sceneggiatore e produttore dello show -). Ma questa è tutta robaccia che si scrive per chiudere una recensione, la sostanza non cambia di una virgola.

I creatori della leggendaria serie televisiva “Get Smart” (1965-1970), Mel Brooks e Buck Henry, sono ingaggiati come consulenti in questa ennesima, blockbusterizzata versione hollywoodiana di un successo televisivo del passato. Poco possono fare di fronte a un difetto di fabbrica congenito: l’impresentabile sceneggiatura di Tom J. Astle e Matt Ember. Il loro plot è un’accozzaglia senza fantasia di déjà–vu, dal traffico nucleare, alla cattiva organizzazione antagonista, passando per l’attentato al Presidente. Poco male, se a contare sono le gag: la prima parte è piuttosto buffa, con buone idee di gadget, azzeccate trovate comiche (uno spasso il cameo di Bill Murray) e la simpatica aria scema di tutta l’operazione. Stereotipato finale iperbolico escluso, l’umorismo avrebbe comunque coperto molte più lacune se funzionavano i personaggi: lo Smart di Steve Carell non regge il confronto con quello di Don Adams, perché quell’inetto carrettiere d’anarchia è riscritto come sognatore, un po’ patetico (di mezzo la love story), senz’altro sfigato. Anche l’agente 99 di Anne Hathaway (che era di Barbara Fedon) è “normalizzato” per imbastire schermaglie amorose ordinarie, per quanto impreziosite da una scena sexy come quella in cui supera i raggi laser/infrarossi. Per il resto, si citano/scippano idee dal serial (oltre a sciorinare decine di riferimenti maniacali) o da altri film stile 007 (Dalip Singh, l’energumeno, è un nuovo “Squalo”; la scena del paracadute è rubata a Moonraker).