Drammatico, Recensione

ACQUA TIEPIDA SOTTO UN PONTE ROSSO

Titolo OriginaleAkai hashi no shita no nurui mizu
NazioneGiappone/Francia
Anno Produzione2001
Durata119'
Tratto dadal romanzo di Henmi Yo
Scenografia

TRAMA

Nella casa vicino al Ponte Rosso pare sia nascosto un buddha d’oro. Yosuke, impiegato ormai senza lavoro, vi si reca con il segreto scopo di trafugarlo. Nella casa abita una donna che ha una particolarità: al momento dell’orgasmo espelle grandi quantità di acqua…

RECENSIONI

Così risponde il Buddha:
"Un uomo è stato colpito da una freccia avvelenata: subito gli amici e i parenti hanno chiamato un abile medico. Che accadrebbe se il malato si mettesse a dire: - Io non voglio lasciarmi medicare la ferita finché non sappia che uomo è quello che mi ha colpito, se è un nobile o un Bramano, un Vaishya o un Shudra - o se dicesse: - Io non voglio lasciarmi medicare la ferita finché non sappia come si chiama l'uomo che mi ha ferito e a quale famiglia appartiene, se è alto o basso o di media statura e com'è fatta l'arma che mi ha colpito? - Come andrebbe a finire? Che l'uomo morrebbe dalla ferita".

Bollare quello di Imamura come cinema eccentrico è limitativo e ingiusto perchè dietro la storia di quest'uomo che non si afferra perché perso nei falsi problemi di una vita che non vuol riconoscere come estranea a sé, di una donna che espelle getti d'acqua ad ogni amplesso neanche fosse un geyser, della sua nonna che ha un'altra incontinenza (quella oracolare), di un buddha d'oro introvabile, di un villaggio di pescatori che vive di ricordi leggendari e storie tramandate di uccisioni e passioni infuocate non c'è mero esibizionismo di bizzarria ma una poetica visiva che tratteggia ambienti e situazioni con efficace leggerezza e un'armonia d'insieme a tratti emozionante. Carrelli fluidi e prospettive anomale, umanità, ingabbiata in finestre, che traspare da vetri densi di riflessi, un'urbanità disegnata con geometria colorata mai calcolata e fredda. Imamura, per il quale parallelo inevitabile è quello con il nostro Marco Ferreri per la stravagante visione del mondo e per l'uso del grottesco come chiave atta a svelarne le dinamiche, non scade neanche per un attimo nel melodrammone, sempre rispettando l'assunto favolistico di partenza, concedendosi momenti visionari di grande suggestione, non rinunciando a una calda carnalità che si disegna netta e reale nel sostrato lievemente fantastico dello sfondo. Il realismo magico che domina il narrato è parte integrante del discorso di libertà creativa che è centro di un'opera, delicata e impetuosa allo stesso tempo, in cui non mancano all'appello alcune deliziose note a margine (il corridore di colore, i proprietari della pensione nella quale si mangia malissimo, l'amico filosofo). In questa complessa, fiabesca dimensione Yosuke, il confuso protagonista, coglie la soluzione alla sua indefinitezza di persona sempre lontana dalle redini delle propria vita trovando il Buddha non nella sua icona d'oro, che stava cercando, ma nel suo insegnamento (le Quattro Nobili Verità: posta l'esistenza come dolore, posta l'origine del dolore nella brama, posta dunque la cessazione del primo nell'annullamento della seconda [nirvana], la via per ottenerla è nel Nobile Ottuplice Sentiero che è quello che conduce alla piena coscienza di sé). Il problema? Essere sinceri con se stessi, non essere succubi della Logica, Decidere (non essendo sempre necessario muovere i pezzi grossi per risolvere la propria situzione: a volte può bastare anche un pedone). Appena Yosuke lo farà, non appena prenderà La Decisione, avrà la vita nelle sue mani. L'eros spruzzerà acqua d'amore. Un arcobaleno la saluterà.