Drammatico, Recensione

A SNAKE OF JUNE

Titolo OriginaleRokugatsu no Hebi
NazioneGiappone
Anno Produzione2002
Durata77'
Sceneggiatura

TRAMA

Rinko lavora in un consultorio telefonico, è sposata con Shigechiko, uomo di mezz’età, sono ricchi, senza figli e molto poco loquaci l’un verso l’altra. Le fantasie della donna divengono realtà e poi incubo a causa di un uomo che lei ha aiutato.

RECENSIONI

L'universo di Tsukamoto rasenta sempre l'esplosione: si espande e contrae secondo ritmi imprevedibili. E' giugno, la stagione delle piogge in Giappone, Rinko torna nella sua casa ipermoderna ogni sera, inizia a sbrigare le faccende, a pulire la vasca da bagno per esempio ma ecco che suo marito, in camicia bianca con le maniche arrotolate o è già sul luogo a strofinare con gusto oppure è pronto a rubarle il posto. Rinko è giovane e bella, il marito non dorme più con lei ma su una poltrona in salotto. Si scambiano pochissime parole. Lampante assenza di vita in un bianco/nero e blu denso di contrasti: sesso e relazione sono assenti ed innominati. Lei viene ricattata e costretta a soddisfare le proprie fantasie sessuali come punizione dall'uomo che l'ha fotografata mentre si masturbava? Solo lavoro (il marito) e solo altruismo (Rinko) si risvegliano grazie al dolore dell'uomo con la macchina fotografica (Tsukamoto S.) che li mette a confronto, per amore e per disperazione, con fobie e desideri inconfessati: la necessità della carne di unirsi, la paura d'essere definitivamente soffocati/annegati in una visione monoculare (come nell'incubo (?) del marito). Tsukamoto personaggio e regista innesca un percorso serpeggiante che ha i bordi taglienti della cruda realtà di cemento e della notte ma l'andamento del timore collettivo che si manifesta e nelle forme che assumono i rapporti di relazione (l'uso del telefono per minacciare ed aiutare) e nelle singole spirali di autonegazione. Non possono bastare le parole - tra uomini? nel Giappone di oggi? - a sanare un dramma cui partecipa la natura stessa con la continua e grigia pioggia, l'immagine doppia, la fotografia, la sua sequenza anzi (quella spezzata della masturbazione) fronteggia il silenzio provvedendo la pura disperazione del fatto e della sua interpretabilità. Il cinema, dunque, quanto l'immaginazione sono personali armi salvifiche, ma è solo attraverso il confronto con la propria doppiezza/duplicazione (Tetsuo I & II, Gemini) che qualcosa, di mostruoso quanto di meraviglioso, attraverso il dolore, può riemergere.

"Non ti dico di fare sesso, ti dico di fare ciò che vuoi!"
Questo il ritornello con cui Iguchi (lo stesso Tsukamoto), un malato di cancro allo stomaco, spinge la giovane Rinko, impiegata in una sorta di "Telefono Amico" e sposata con un maniaco delle pulizie, a dare sfogo alle proprie pulsioni. Tsukamoto ci ha abituato fin dall'originale "Tetsuo" (che ha fatto proseliti, soprattutto nello stile visivo) ad una narrazione non propriamente tradizionale, basata su elementi quali il connubio uomo-macchina, la violenza e il sesso. Anche in "A snake of June" si affida ad un bianco e nero virato azzurro e ad un montaggio sincopato per raccontare l'incomunicabilità dei suoi personaggi. Solo la realizzazione delle proprie fantasie permetterà alla coppia protagonista di ritrovare la complicità perduta. Ma il cammino sarà lungo e, soprattutto, doloroso. Per nulla morboso, nonostante le numerose varianti sessuali suggerite, più che esibite, (non manca una citazione metallica del precursore "Tetsuo"), Tsukamoto sembra abbandonare, o comunque sfumare, il pessimismo che ha ispirato la sua produzione cinematografica. Lancia infatti l'esplicito appello al pubblico (e forse a se stesso) di liberarsi delle maschere dietro cui sonnecchia e si amplifica il vero io.