TRAMA
Vagabondaggio di una madre e di un figlio tra le rovine di Milreu alla ricerca del senso del vivere.
RECENSIONI
Partendo, come in Conversazione conclusa, da una fonte letteraria in forma di epistola (una lettera di Seneca sull’importanza della lettura e dello studio), Botelho segue una madre ed un figlio che percorrono le strade, le rovine romane e la laguna della città, tra i pescatori del luogo e gli stormi di gabbiani in volo, tra un tramonto mozzafiato ed una pesca miracolosa. Il regista recupera il senso intimo ed il valore autentico delle epistole filosofiche del famoso stoico, miranti alla formazione, attraverso una pratica quotidiana di apprendimento e condivisione come il colloquium con l’amico Lucilio, di un rapporto di educazione spirituale, di perfezionamento interiore, di crescita morale che è un cammino verso la sapientia più efficace dell’insegnamento dottrinale. Al segmento della “lettura” al figlio dei precetti del filosofo, Bothelo affianca le “voci” di quanti hanno acquisito saggezza non attraverso lo studio, bensì mediante il lavoro fisico, la fatica, il rapporto diretto con la natura: una vecchia signora che capisce tre o quattro lingue ma non sa né leggere né scrivere, i pescatori del villaggio. I pensieri ed i gesti provenienti dai due mondi (quello della cultura scritta e della tradizione orale, della riflessione morale e delle vita vissuta) sono messi in relazione in maniera non dissimile dall’arte della tradizione diatribica classica, che tendeva proprio, con stile pacato e tono cordiale, ad unire i vari aspetti della vita. La differenza tra questi mondi messi in rapporto dialettico non è solo culturale, ma anche formale e statutaria: quella che corre e separa la fiction (il viaggio della madre e del figlio) dalla non fiction (la documentazione della vita dei pescatori).
