TRAMA
Una piccola comunità di formiche deve vedersela con un gruppo di cavallette inferocite. Ci penserà l'”eccentrico” del villaggio.
RECENSIONI
In principio fu una lampada virtuale, Luxo Junior. Cominciò a scodinzolare nella metà degli anni ottanta. I movimenti erano ancora impacciati ma le sue simpatiche avventure cinofile rivelavano già il talento del suo creatore, John Lasseter. Con il primo lungometraggio interamente digitale, "Toy Story", il regista rivoluzionò il modo di concepire il disegno animato e rimise in sesto la vecchia industria di zio Walt. E luce fu. "A bug's life", microstoria con microprotagonisti, rappresenta forse il vertice tecnico ed espressivo della Pixar, un gioiello di animazione computerizzata ricco di trovate e battute. Come in "Toy Story" 1 e 2 e nell'ultimo, prodigioso "Monsters & co.", il regista non vuole duplicare il reale ("cui prodest?") ma vuole utilizzare il digitale per far adottare allo spettatore il punto di vista dell' "altro", del diverso, del microscopico, di ciò che non percepiamo, di ciò che ignoriamo. Ecco dunque il piccolo mondo delle formiche, operose, perennemente indaffarate, tiranneggiate e sfruttate da spietate cavallette (possibile una lettura del film in termini di "lotta di classe"). Adottando quella tecnica che i freudiani chiamano spostamento, il regista, pur mostrando un piccolo universo, apparentemente lontano dal mondo degli uomini, parla delle nostre lotte quotidiane, ne evidenzia le contraddizioni, le tensioni. Il protagonista è un emarginato, un creativo reietto, pasticcione ma puro, alla ricerca di un riscatto. Il suo viaggio alla ricerca di un aiuto all'esterno della comunità, scandito dal passare delle stagioni e dal cadere delle foglie, è speculare alla chiusura delle frontiere delle nostre società governate dalla cultura del terrore: sarà solo grazie alla collaborazione di un eterogeneo, multietnico gruppo di insetti "extracomunitari", ovviamente artisti (una coccinella di sesso maschile, una farfalla "fatale" come Betty Boop, microinsetti "giapponesi" e così via) che la piccola congrega riuscirà a trovare la forza di ribellarsi ad una tirannia soverchiante, a scoprire che solo con l'accettazione di una realtà proteiforme si può costruire un mondo solidale e pacifico. La storia richiama alla memoria il cinema western (in primis "I magnifici sette" e dunque, indirettamente, il Kurosawa de "I sette samurai") e l'incipit sembra proprio rendere omaggio al mito della frontiera: un movimento di macchina a svelare il microcosmo accompagnato da musiche alla Max Steiner. Lasseter non ha voluto antropomorfizzare gli insetti ma ne ha ugualmente addolcito i tratti, li ha "reinterpretati" disneyanamente al fine di rendere più accattivanti le formiche e ancor più minacciose le cavallette. Molte scene memorabili: l'arrivo del protagonista nel "saloon" dove le zanzare si ubriacano scolandosi ampolle di sangue; la costruzione del gigantsco pennuto; il volo sull'alveo prosciugato del fiume. Quando la tecnica si sposa alla creatività. Una perla rara e preziosa.
