Commedia

FAMIGLIA ALL’IMPROVVISO

Titolo OriginaleDemain tout commence
NazioneFrancia/ Gran Bretagna
Anno Produzione2016
Genere
Durata118'
Fotografia

TRAMA

Un giovanotto senza legami né responsabilità riceve all’improvviso la visita di una donna che, rivelandogli di esserne il padre, gli affida una bambina.

RECENSIONI

Secondo lungometraggio di Hugo Gèlin, Famiglia all’improvviso è il remake di un film messicano del 2013, Istruzioni non incluse appunto. Il film franco-britannico gioca nel campo battutissimo della genitorialità per caso ed inattesa, solitamente foriera di gag rocambolesche e legami inseparabili. La pellicola in questione, d’altra parte, si differenzia dalla media dei numerosi uomini con culla e zii/padrini subentrati dopo tragico incidente stradale.
Prima di tutto Famiglia all’improvviso è molto centrato sul suo protagonista, che porta sulle spalle larga parte delle responsabilità. Omar Sy, ormai popolarissimo, ha qui un ruolo da mattatore che ricorda un po’ l’Eddie Murphy d’annata (non a caso citato): come il modello americano vive alla giornata, è un seduttore, un tipo molto fisico, scherzoso, irriverente ma buono. Anche quando la sua posizione cambia, ogni slancio del film, che sia emotivo o finalizzato all’intrattenimento, continua a partire da lui. E’ certo presente l’esaltazione dei legami famigliari - affettivi, di sangue, poco conta -, così come la leggerezza e lo spirito, grazie ad un personaggio carismatico, una buona spalla ed una bambina vivace che ispira simpatia al pubblico della commedia. I meccanismi narrativi sono però atipici. In Famiglia all’improvviso quello che in altre commedie è un lungo percorso di crescita arriva invece con estrema velocità. L’intesa del neopapà con la figlia è immediata, il lavoro giusto ed il migliore amico arrivano non appena l’uomo scende dall’aereo che lo porta dalla Francia a Londra. Come se il vecchio stile di vita non fosse tanto diverso dal nuovo, come se i due ambienti non fossero per tanti aspetti lontanissimi. Vero è che il personaggio di Sy, nonostante l’inedito senso di responsabilità, continua a giocare: gioca nel fare il padre, gioca lavorando come stunt-man, la sua stessa casa è un parco giochi. Persino le bugie raccontate alla bambina per giustificare l’assenza della mamma, basate su un lavoro fantasioso ed appassionante da agente segreto, appaiono come l’ennesimo gioco.

Sorprendentemente, insomma, lo svolgimento non prevede le difficoltà di adattarsi alla scoperta inattesa di avere una figlia e doversi occupare di lei a tempo pieno. Il nodo narrativo cruciale sopraggiunge nel momento della lotta per l’affidamento della ragazzina, quando la madre decide cioè di riprenderla. Parallelamente, e senza preavviso, scende poi il dramma e porta una evidente confusione tra i registri. La telenovela si complica persino di risvolti fantasiosi (si era già visto qualcosa di simile in uno sfortunato film con Rupert Everett e nientemeno che Madonna, Sai che c’è di nuovo?). E avanti così in un crescendo di mestizia fino all’eccesso di retorica della chiusura. La sensazione è che manchi armonia tra la prima e la seconda parte del film così come manca un percorso di maturazione; gli snodi sopraggiungono sempre con troppa facilità o per fato inevitabile. La parte brillante funziona abbastanza, nonostante risulti “facile”, un po’ superficiale, ed approfitti di alcuni luoghi comuni (l’amico gay sul confine tra il personaggio e la macchietta, anche quando risulta efficace), quella drammatica meno. Il prologo rimane un po’ in sospeso, come staccato dal resto (“Aver paura significa dare potere alla paura. La paura si può addomesticare o uccidere come un animale”). Si poteva fare di peggio, certo, e il cast se la cava, ma si esce dalla visione poco convinti.