Drammatico

LE DONNE E IL DESIDERIO

Titolo OriginaleZjednoczone Stany Miłości
NazionePolonioa/ Svezia
Anno Produzione2016
Durata107'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Le storie di quattro donne, di diverse età, nella Polonia del 1990, il primo anno di libertà dopo la caduta del muro.

RECENSIONI

La società polacca in una delicata fase di transizione è il soggetto di Le donne e il desiderio, terza opera del giovane regista Tomasz Wasilewski, che nell’epoca in questione aveva dieci anni. I richiami al contesto storico nel film sono continui. Il muro è appena caduto, Marzena, una delle protagoniste, commenta che ora le sarà più facile andare a far visita al marito che per lavoro vive nella Germania Ovest. Il processo di riunificazione delle germanie è in corso con il beneplacito di Gorbaciov: se ne parla in televisione. Una scuola viene intitolata a Solidarność e, nei discorsi sul passato, si fa riferimento alla legge marziale di Jaruzelski. Le condizioni di vita sembrano migliorare, Agata e il marito pianificano di comprarsi finalmente una macchina. Nessuno dei personaggi tuttavia vive l’euforia della libertà conquistata, nessuno assapora i piaceri del nuovo sistema, nessuno manifesta grandi speranze per il dopo-muro. Tomasz Wasilewski descrive un universo amorale dove tutti o quasi i personaggi sembrano nascondere qualcosa, coltivare relazioni adulterine o amori impossibili. Personaggi nevrotici e apatici, spesso seguiti di spalle con macchina a mano. Un mondo di cinismo dove le pulsioni sessuali, i bisogni animaleschi primari, devono essere soddisfatti. Amplessi nel letto coniugale o clandestini di amanti, rapporti occasionali in un bagno pubblico, videocassette porno, fino al quasi stupro finale su cui torneremo. Anche il cinema dell’epoca viene rievocato nell’esplicita citazione al Maestro Krzysztof Kieślowski nella scena della ragazzina che corre sul fiume ghiacciato finendo per sprofondare con la superficie che si infrange, come nel laghetto del Decalogo 1, film di due anni prima del periodo in cui si svolge Le donne e il desiderio. Scena, questa di Le donne e il desiderio, peraltro di estrema desolazione, che nemmeno ha sviluppi narrativi. In campo lunghissimo con Iza che scruta dalla riva ciò che accade alla figlia dell’amante che la trascura e tratta malissimo, rimanendo indifferente, senza preoccuparsi di chiamare soccorsi. Quello di Kieślowski era ancora un cinema, e un’epoca, che credeva nel confronto tra i massimi sistemi, spiritualità e razionalità scientifica, del tutto assente ormai nella visione cinica a posteriori di Tomasz Wasilewski. Che ci parla in realtà del presente, di quei mostri potenziali di un’Europa che verrà che, come i bambini di Haneke de Il nastro bianco, si annidano in un contesto storico sfociando successivamente. Wasilewski vede i fatti con la disillusione di oggi, dove le due germanie riunificate – in realtà una delle due ha egemonizzato l’altra – dominano un contesto europeo in cui il capitalismo ha mostrato non poche criticità. Il confronto tra fede spirituale e materialismo, tra due sistemi e culture – nel paese cattolico, del Papa, appena uscito dal regime ateo e marxista – si riduce alla relazione latente tra Agata e il sacerdote, dopo che un ragazzo nell’ora di religione gli ha chiesto  sfrontatamente come sia possibile per lui vivere senza rapporti sessuali. Ma forse si tratta solo di imitare un modello televisivo che arriva dall’Occidente, quello dello sceneggiato Uccelli di rovo la cui locandina campeggia tra le videocassette.

Tutto si svolge nel contesto di quei palazzoni seriali, di quei grandi parallelepipedi dell’edilizia sovietica. Tutti gli snodi e i raccordi narrativi si concentrano, come nel complesso edilizio di Hong Kong Express di Wong Kara-wai, con forza centripeta in uno di queste. Il cui interno funziona come un sistema connettivo di storie, strutturato di simmetrie escheriane che collimano con i crocevia narrativi tra dirimpettai. Ballatoi speculari, incroci di rampe di scale che arrivano a formare come un gabbiotto sospeso. Dove avviene il finto incidente escogitato da Renata per attirare l’attenzione di Marzena. Renata, personaggio eccentrico nel cui appartamento ha ricreato una foresta di piante e uccelli, è protagonista di questa storia patetica. Lei vecchia, goffa e grassa che, come un ragazzino innamorato, trova un pretesto per conoscere la ragazza giovane e bella. Tomasz Wasilewski dispiega nel film una fiera delle nudità, e di scene di sesso ai limiti dell’esplicito. Ci sono corpi flaccidi e sfatti di donne anziane, come quello di Renata, a rappresentare un sistema in disfacimento, messi a confronto con fisici giovani e attraenti, come quello di Marzena, anelito alla perfezione e alla bellezza luccicante propugnata dall’Occidente. Renata che simboleggia la decadenza dal suo stesso lavoro, l’insegnamento del russo che verrà presto soppiantato da quello della lingua inglese. Marzena che guarda alla cultura pop americana e nel suo appartamento campeggia il poster di Whitney Houston. Marzena rimane fedele, l’unica, al marito, e non cede a Renata pur illudendola nel concederle un walzer. Ma viene abusata dal fotografo che la addormenta con un sonnifero, proprio come cercava di fare Humbert Humbert con Lolita. Il personaggio di Nabokov, la ninfetta che, per il romanziere russo che scriveva in inglese, rappresentava la perversione stessa della cultura americana. Ma il fotografo di fronte alla bellezza del corpo nudo privo di sensi di Marzena, sotto il poster di Whitney Houston, non la penetra ma si masturba sopra di lei. Interverrà prontamente Renata a pulirla, inquinata dal seme maschile, per preservarne la bellezza ideale, per il futuro. Il risveglio sarà comunque amaro.