Drammatico, Sala, Supereroi

LOGAN

TRAMA

2029, i mutanti sono quasi tutti estinti e Logan, invecchiato per via dell’indebolimento del suo potere rigenerante, trascorre le giornate facendo l’autista in Texas e prendendosi cura del vecchio Charles Xavier. Improvvisamente viene contattato da Gabriela, la quale gli chiede di accompagnare lei e Laura, una ragazzina dalle straordinarie doti, in un misterioso luogo chiamato Eden.

RECENSIONI

Sono passati diciassette anni da X-Men, primo lungometraggio sui mutanti della Marvel diretto nel 2000 da Bryan Singer. Retrospettivamente possiamo affermare che con quel film l'autore de I soliti sospetti inaugurò quella che costituisce oggi la maggiore fonte di introiti del cinema hollywoodiano contemporaneo ovvero il comic movie moderno: non quello d'autore, non quello di serie b, ma quello destinato a creare universi narrativi espansi, permanenti, durevoli, esplorabili. Dopo tutti questi anni, il blockbuster della Fabbrica dei Sogni si esprime quasi esclusivamente attraverso questo tipo di prodotti,  grazie all'egemonia del Marvel Cinematic Universe, all'altalenante produzione dell'accoppiata Warner/DC e ai film della Fox, che tra cose più riuscite (gli X-Men) e clamorosi fallimenti di critica e pubblico (I fantastici 4), si pone come alternativa al duopolio.
Si tratta della nona volta che Hugh Jackman veste i panni di Logan, meglio conosciuto come Wolverine, il supereroe con lo scheletro di adamantio, capace di sfoderare artigli letali dalle nocche delle mani. L'attore australiano è stato tra i personaggi principali della prima trilogia, ha interpretato dei cameo in quella popolata dagli stessi personaggi da giovani ed è protagonista indiscusso di quella a lui dedicata, conclusasi proprio con questo Logan.
Il film è diretto da James Mangold ed è senza dubbio tra i comic movie che hanno generato più aspettative negli ultimi anni, sia perché si tratta dell'ultimo atto su un personaggio estremamente iconico, sia perché si ispira a uno dei più interessanti e influenti fumetti realizzati sugli X-Men. Logan è infatti il libero adattamento di Old Man Logan, scritto da Mark Millar, disegnato Steve McNiven e pubblicato tra la fine del 2008 e la fine del 2009. Pur non essendoci tante affinità dal punto di vista narrativo – soprattutto per una questione di diritti, che impedisce alla Fox di utilizzare personaggi come Hulk e Capitan America, la cui proprietà è della Disney – lo spirito dell'opera è decisamente simile: è ripresa l'ambientazione western, il livello di violenza è nettamente più elevato della media di queste storie, il tema del viaggio ha un'importante centralità e soprattutto il racconto ruota attorno alla fase conclusiva della vita del supereroe. A questo proposito il discorso sulla vecchiaia si intreccia con quello sull'essere umano in maniera indiscernibile. Logan già dal titolo ci parla molto più dell'uomo che del supereroe, sottolineando che, più ancora che nella componente supereroica, è nella propria umanità che il personaggio riconosce le stimmate del suo eroismo. È proprio il fattore umano a essere posto al centro dal discorso del film, seguendo un trend ormai abbastanza comune nel cinema americano che va da Bridge of Spies a Hacksaw Ridge passando per Sully.

In un panorama del genere un film come Logan si espone a un doppio rischio: da un lato c'è l'eventualità che arrivi fuori tempo massimo, per via di atmosfere cupe che hanno fatto le fortune della trilogia sul Cavaliere oscuro di Nolan ma che oggi la componente ironica e metatestuale del Marvel Cinematic Universe ha gettato nel passato; dall'altro si espone al pericolo della ripetitività rispetto a un personaggio su cui è stato detto già tanto.
Il film di Mangold però evita sapientemente entrambe le insidie battendo strade insolite per un comic movie, spingendo più sul pedale della diversificazione che su quello della variazione sul tema e utilizzando il genere come agente di cambiamento sia estetico sia narrativo. Logan riesce a mettere in atto la stessa operazione che è riuscita a Guardiani della galassia e a Split recentemente. Se questi ultimi hanno lavorato uno sul registro della commedia nostalgica e l'altro sull'horror psicologico, il film di Mangold si pone come un survival western che, sulla scia del fumetto da cui è tratto, adatta i codici di genere a un futuro prossimo dove il paesaggio recita la parte del leone e in cui il concetto di frontiera è costantemente presente. Il protagonista è non solo rifugiato in Messico, ma il progetto dei mutanti bambini è quello di fuggire a nord della frontiera americana, in quel Canada identificato come isola felice. A far da contraltare al loner solitario e malinconico vi sono infatti un gruppo di giovani tutti diversi tra loro, sia come caratteristiche estetiche sia come estrazione etnica, il cui viaggio verso il Canada rimanda all'attualità e all'accoglienza che il paese governato da Justin Trudeau, in chiara opposizione all'America di Donald Trump, sta dimostrando in favore degli immigrati.
Il film fonde quindi il western e il road movie, reallizzandone una versione buddy grazie allo splendido rapporto tra Logan e Laura (splendidamente interpretata dalla giovane Dafne Keen), ragazzina mutante generata grazie al DNA del protagonista. Il terzo capitolo della trilogia risulta per queste ragioni sicuramente il più riuscito dei tre, in quanto riesce a interpretare al meglio il genere a cui appartiene, offrendone una versione nuova e non priva di interesse, proprio in un momento in cui il rischio standardizzazione è perennemente dietro l'angolo, come dimostrato dal recente Doctor Strange, che esclusi i mirabolanti effetti speciali non era null'altro che la più tradizionale delle origin story.

Dal punto di vista artistico Logan è la cosa più lontana da un fallimento e per i motivi appena esposti rappresenta un'operazione di tutto interesse, sia in relazione al panorama in cui si inserisce sia in quanto film in sé. Purtroppo però, Logan non è neanche quell'eccellente lavoro che sarebbe potuto essere, perché se su un piano generale l'operazione è assolutamente centrata, non sono pochi i frangenti in cui il film risulta davvero efficace solo in potenza.
Uno dei problemi principali è da ricondurre al principale responsabile creativo dell'opera, il regista James Mangold. Come la sua filmografia dimostra in maniera abbastanza lampante, l'autore non si distingue certo per un impronta estetica peculiare e la mancanza di coraggio nel portare fino in fondo certe scelte non fa che ribadirlo. Con un altro sguardo infatti, Logan sarebbe potuto essere un nuovo Mad Max - Fury Road, se solo l'autore avesse avuto l'ardire di costruire realmente un contesto post-apocalittico modellato da una regia che, come nel film di Miller, ad ogni sequenza dichiara la sua spiccata personalità, cosa che il film di Mangold purtroppo non riesce a fare. Anche dal punto di vista narrativo a fronte di una prima parte molto potente vi è una seconda non altrettanto efficace, che non solo non sfrutta alcune idee potenzialmente molto interessanti (il gruppo di bambini mutanti in un contesto distopico), ma finisce anche per rifugiarsi nei sicuri binari del classico scontro finale sacrificale che vede il protagonista contro un villain (il clone di Logan) tutt'altro che indimenticabile.
Se Logan è solo un buon film e non un fondamentale traguardo per il blockbuster contemporaneo è anche per il registro adottato, un po' troppo indeciso tra il tentativo di riprodurre le atmosfere crepuscolari del fumetto, quello di raccontare il passaggio di testimone supereroico attraverso il rapporto padre-figlia (che ricorda molto quello al centro di Terminator 2 – Il giorno del giudizio) e un sentimentalismo che in più di un'occasione stona un po' col resto e soprattutto si siede sulle convenzioni del cinema mainstream contemporaneo. Nonostante non vi sia quell'impronta radicale riscontrabile in Deadpool, in Guardiani della galassia e in Legion (serie anch'essa tratta dall'universo degli X-Men), Logan riesce comunque a sorprendere grazie a un personaggio capace a sprigionare come mai prima d'ora al cinema le sue qualità iconiche e a una rappresentazione della violenza che, seppur un po' monocorde, va ben oltre le abitudini degli altri comic movie.