TRAMA
La solita trama alla Assassin’s Creed: Templari, oggetti misteriosi, complotti, personaggi famosi (qui c’è Cristoforo Colombo, per dire), idiozie.
RECENSIONI
Se si trattasse solo di un film, verrebbe voglia di liquidare Assassin’s Creed in fretta e furia: cinematograficamente parlando, è talmente sconclusionato e mal scritto da fare quasi tenerezza. Ma trattandosi della trasposizione della nota, omonima, saga di videogiochi, forse qualche parola in più conviene spenderla. L’opinione di chi scrive è che la nota, omonima saga di videogiochi rappresenti, e in un certo senso esemplifichi, tutte le magagne di molti videogiochi moderni, che sembrano basare la loro appetibilità su: 1) un impatto cosmetico a effetto, di stampo cinematografico; 2) una narrazione anch’essa (pseudo)cinematografica che si vorrebbe adulta (risate); 3) un (malinteso) senso di libertà, fondato su un concetto di open world declinato al monotono e ripetitivo. Con il caro, vecchio gameplay (e level design) che passa decisamente in secondo piano dato che, di fatto, in tutta la serie si passa la maggior parte del tempo a fare le solite due-tre cose, con qualche sporadico diversivo (le navi del quarto capitolo). Il che, per un vecchio (video)giocatore brontolone come me, è un po’ come dire Il Male. Con contorno di affermazioni altisonanti del tipo: “ci sono più idee di gameplay in un livello di Super Mario World che in tutta la serie di Assassin’s Creed (il che, tra parentesi, è vero. E come, anche).
Ecco, se il film di Kurzel ha un merito è quello di chiarire, per vie neanche tanto traverse, i concetti di cui sopra. Visivamente, specialmente nelle parti ambientate nel 1492, la vicinanza col videogioco è evidente e molto efficace, nonostante una regia che si bea del proprio anonimato. Il che è un po' paradossale, visto che il videogioco tentava di essere il più cinematografico possibile e ora il cinema cerca di riprodurre questa mimesi intermediale copiando la copia di una copia, dolly dopo dolly, movimento di macchina dopo movimento di macchina, ralenti dopo ralenti. Vabbè. Detto questo, è l'aspetto narrativo quello, forse, più interessante (in senso deteriore). Tutta la storiella dei Templari, della Mela dell'Eden, del codice genetico del Libero Arbitrio e della possibilità di porre fine alla violenza nel mondo è tanto fe'dele' (per quanto inedita) a quelle che ci sorbiamo dal primo AC del 2007 (con tanto di 'colpo di scena finale' che è più che altro unoffesa all'intelligenza dello spettatore) quanto idiota al di là di ogni ragionevole dubbio. Solo che, smaltite le sequenze narrative non giocabili, e una volta archiviatele con un sorrisetto di sufficienza (e un pensiero attonito agli estimatori anche di quell'aspetto del gioco), si impugna il joypad e si comincia a smanettare. Certo, tutta la saga la si completa premendo un paio di tasti ma insomma, diciamo che ci si distrae un po' da questo goffo e ingenuo tentativo di raccontare una storia fantascientifica che abbia vera consistenza.
Il film, invece, è più o meno solo quella cosa lì, sembra puntare molto sulla sua sceneggiatura inconsapevolmente autoparodica e ovviamente manca della componente ludica. Con qualche intermezzo action montato dignitosamente, rallentato nei momenti giusti ma non esente da derive risibili: il funzionamento dell'Animus, con braccio meccanico in luogo del lettino visto nei giochi, è irritante nelle sue logiche illogiche e nelle sue meccaniche incomprensibili. Apprezzabile, invece, lo stoicismo degli attori, costretti a farfugliare frasi sconnesse e insensate per quasi due ore. Bravi.