Drammatico, Sala

3 GENERATIONS

Titolo OriginaleAbout Ray
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2015
Genere
  • 67291
Durata87'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio

TRAMA

La sedicenne Ramona ha deciso di diventare Ray. Ogni dubbio lo ha ormai risolto ed è pronta per una nuova vita. Ramona ha anche una madre, molto presente, e un padre, del tutto assente. Saranno loro a dover firmare il consenso per poter intraprendere le cure mediche necessarie al passaggio definitivo.

RECENSIONI


È pieno di buone e lodevoli intenzioni il film di Gaby Dellal, perché affronta di petto una tematica attuale e scivolosa come il cambio di sesso, dà prova di sensibilità nel tratteggiare i personaggi e le loro evoluzioni, e non punta a shoccare o a suffragare una tesi ma a raccontare un percorso. Ray è nato Ramona e si sente imprigionato in un corpo di donna che non lo rappresenta. È così da quando aveva 4 anni e la sua consapevolezza si è rafforzata ed è ormai priva di ombre. Intorno a Ray l’affetto di una madre problematica, con vari nodi da risolvere,  una nonna un po’ impicciona che vive nella stessa casa con la sua compagna, e il fantasma di un padre uscito di scena da dieci anni. Quello che è fin da subito il fulcro del racconto, la firma da parte di entrambi i genitori dei documenti che autorizzano la sedicenne Ramona al cambio di sesso, apre però le porte ad altre micro storie, relative al padre, al motivo della sua scomparsa e a un tentativo di razionalizzare l’appianamento dei conflitti. Micro storie che disperdono il potenziale del film. La sceneggiatura, infatti, non riesce sempre a calibrare il peso dei diversi personaggi, parte bene con la caratterizzazione del coraggio di Ray, accarezza poi la coralità, ma finisce per sbilanciarsi a favore della madre della protagonista. Ed è un peccato, perché il mistero che aleggia intorno alla sua separazione, con tanto di colpo di scena, fa sbandare il film sui binari rodati, e usurati, della storia di corna con contorno di parenti serpenti. È un po’ buttata lì, poi, l’avventura di una notte di sesso della madre, così come la decisione della nonna e della compagna di sfrattare la figlia in un momento così delicato, e sembra impossibile che una donna che ha passato la vita a lottare per affermare i propri diritti (sempre la nonna) non riesca a empatizzare con la nipote.


Si fatica anche a credere che un uomo ragionevole come il padre di Ray abbia troncato ogni rapporto per poi adoperarsi per una riappacificazione lampo in grado di risolvere anni di silenzi e non detti. Sono insomma tante quelle che vengono percepite come forzature e/o divagazioni non sempre coerenti con lo scavo dei personaggi. Anche le mezzetinte, necessarie in un percorso fatto di ombre e luci, finiscono per arrivare più come indecisione sul taglio da dare al racconto che come scelta di fondo. È anche per questo che alcuni momenti sdrammatizzanti stridono (la sequenza della Watts che guida sdraiata per non farsi riconoscere e tampona l’auto del cognato) e alcuni personaggi producono l’effetto del gesso sulla lavagna, in primis la nonna e la sua compagna, un duo da sit-com. E non basta il carisma di Susan Sarandon per dare credibilità a un personaggio fondamentalmente fuori fuoco. Anche Naomi Watts, icona di sensibilità, abusa di gesti stereotipati (quel grattarsi la nuca per esprimere dubbi e insicurezza) che non aiutano il personaggio, già di suo non sempre motivato a dovere nei passaggi sbrigativi dallo sgomento alla serenità. Spicca invece la versatilità di Elle Fanning, davvero brava nell’incarnare la determinazione di Ray. Nonostante un insieme che scricchiola, una regia pacata, per non dire piatta, e un montaggio non sempre fluido, la sceneggiatura ha però dei pregi da non sottovalutare, in quanto non urla, almeno non sempre, non fa di Ray un personaggio da compatire ma da ascoltare e, cosa non da poco, non banalizza la sua decisione facendola derivare da traumi subiti o da un vissuto familiare destabilizzante. Ciò non rende il film indimenticabile, ma almeno in grado di parlare al presente.