TRAMA
Tutto comincia all’alba. Tre giovani surfisti su un mare infuriato. Poche ore dopo, di ritorno a casa, un incidente. Ora la sopravvivenza di Simon, collegato al respiratore in un ospedale di Le Havre, è poco più che un’illusione. A Parigi, nel frattempo, una donna è in attesa di un trapianto d’organi che le concederà un’altra possibilità di vita.
RECENSIONI
La morte cerebrale di Simon è un dramma che riavvicina i suoi genitori, li pone di fronte a un doloroso dilemma, mentre in parallelo scorre la storia della donna che riceverà il cuore di quel ragazzo, organo vitale, certo, ma anche sede simbolica delle sue sensazioni ed emozioni - come ci ricorda il flashback sulla sua vita sentimentale -. Perché il film di Katell Quillévéré, toccando sempre i tasti giusti, si muove in bilico tra queste due istanze: documentare una realtà (il trapianto mostrato è vero, non a caso), ma farla convivere con una dimensione lirica che la sublimi e la legittimi filmicamente. È nellequilibrio tra questi due registri che si delinea il carattere propagandistico dellopera: certificare un dato reale (il percorso che conduce alla donazione degli organi), istruendone il pubblico, e toccare gli animi, per far pervenire lo spettatore a un convincimento (lo staff medico è allora empatico e correttissimo). Da un lato - senza puntare sullo sviluppo delle situazioni, piuttosto descrivendole - narrare dellintimità (lo strazio dei genitori di Simon e la vicenda di Marianne che, per non far pesare la sua malattia sulla compagna, la lascia: espianto e trapianto) e dallaltro, attraverso questo percorso individuale, pervenire a una riflessione che riguarda la collettività tutta. Razionalità ed emotività sollecitate in nome di un assunto: la possibilità del trapianto come un dono di sé, come qualcosa che lasciamo di noi agli altri. Pubblicità progresso in forma di (onesto e dichiaratissimo) lungometraggio.